Neuroetica e comunicazione sociale i nuovi bisogni delle neuroscienze

Neuroetica e comunicazione sociale i nuovi bisogni delle neuroscienze.L’impatto individuale e collettivo delle incalzanti “scoperte” delle neuroscienze rende oggi necessaria, di rimando, la formazione specifica di studenti e ricercatori in materia di neuroetica e “public engagement”. E’ quanto auspica la rivista Trends in Cognitive Sciences in un editoriale in via di pubblicazione (Morein-Zamir S et al., Neuroethics and public engagement training needed for neuroscientists, Trends Cog Sci, in press).

Visto il fervido interesse dei neuroscienziati nei confronti di temi complessi quali le basi neurali dei tratti di personalità, delle attitudini sociali, delle preferenze sessuali e politiche, finanche dell’esperienza religiosa, è essenziale che questi novelli indagatori dell’animo umano abbiano chiare le possibili conseguenze dei risultati delle loro ricerche e maturino adeguate competenze comunicative.

“La formazione in queste materie consentirebbe agli studenti di acquisire maggiore consapevolezza sulle conseguenze etiche della ricerca neuroscientifica, abituandoli per tempo al dialogo diretto con i non addetti ai lavori, destinatari potenziali delle ricadute applicative del loro sforzo di indagine”, spiega nell’articolo Sharon Morein-Zamir, dell’Addenbrook’s Hospital, University of Cambridge School of Clinical Medicine.

Le neuroscienze possono influenzare la società in modalità diverse e altamente complesse. La neuroetica è lo studio delle implicazioni legali, sociali, etiche della traduzione nella pratica clinica, nelle politiche sanitarie, nelle aule dei Tribunali delle acquisizioni della ricerca sul cervello e sul comportamento. Questa disciplina ha preso vigore con la costituzione di Neuroethics Society, associazione internazionale con sede a Washington D.C.

Per “public engagement” si intende l’azione di “avvicinare studenti e istituti di ricerca alla collettività che può generare un mutuo beneficio, consentendo alle rispettive parti di imparare l’una dall’altra, mettendo in comune conoscenze, esperienze e capacità: se ben operata, può costruire relazioni collaborative e di fiducia”. Così spiega la nuova disciplina il National Co-ordinating Centre for Public Engagement (NCCPE) britannico, costituitosi lo scorso anno.

Non è che neuroetica e public engagement siano oggi completamente disattesi, ma “dipendono in gran parte dall’iniziativa spontanea di enti, agenzie e organizzazioni esterne alle università e dalla buona volontà di alcuni neuroscienziati che, peraltro, non riescono a coinvolgere a sufficienza i loro studenti”, evidenzia Morein-Zamir, auspicando un “incorporamento delle due discipline nelle attività dipartimentali quali parti integranti dell’attività scientifica del XXI secolo”.

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Marco Mozzoni
Direttore Responsabile

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