Memoria e verità

Le teorie filosofiche odierne sulla memoria si possono suddividere in due grandi ambiti. Il primo ambito, radicato nella tradizione filosofica occidentale, vede la memoria come un grande archivio nel quale sono fedelmente depositate le esperienze di oggetti e fatti che quotidianamente viviamo. Ogni deviazione di ciò che rammemoriamo coscientemente da quanto abbiamo effettivamente vissuto è da attribuire ad un errore della facoltà mnestica.

La visione costruttivista sulla memoria nega che le discordanze tra ciò che viene rievocato e l’esperienza vissuta relativa debba essere considerato un errore della nostra facoltà. Per i costruttivisti questo modo di vedere le cose dà una cattiva rappresentazione di come la memoria lavora. Quello che la memoria fa è costruire rappresentazioni accurate delle esperienze precedentemente vissute. Ciò che rievochiamo è costitutivamente differente da ciò che abbiamo esperito non per qualche problema della memoria, ma perché la memoria svolge bene il suo compito quando restituisce rappresentazioni accurate di ciò che abbiamo esperito e non rappresentazioni fedeli in tutto e per tutto ai nostri vissuti particolari.

Memoria e verità sono legate in modo tale che la prima implica la seconda. “A ricorda che x” è vera solo se x è un evento realmente accaduto, mentre se x non è un evento vissuto da A o qualcosa di realmente accaduto il soggetto A non sta ricordando qualcosa di falso ma semplicemente non sta ricordando.

Proposizioni come “Io ricordo che x, ma x è falso” hanno una natura paradossale che può essere spiegata senza intaccare l’intuizione che ricordare implichi la verità di ciò che si ricorda. È perfettamente lecito affermare di ricordare una situazione x e che x non sia mai avvenuta ma affermare di ricordare non è di per sé sufficiente per esser certi che quello che un soggetto sta esprimendo sia di fatto un ricordo genuino e non un errore dovuto all’esercizio di qualche altra facoltà. In altre parole le condizioni di verità dell’affermazione “Io ricordo che x” e della proposizione riguardante il soggetto dichiarante D “D ricorda che x” sono distinte. D può affermare di ricordare che una certa situazione senza che alla sua affermazione corrisponda un ricordo genuino. Per questo ha perfettamente senso dire che l’affermazione di D sia falsa mentre è insensato dire che un ricordo di D possa essere falso.

Le posizioni filosofiche sull’importanza del criterio di verità per i ricordi hanno variazioni continue all’interno di uno spazio limitato da due poli. Un polo è occupato da quei filosofi per cui il criterio di verità e di affidabilità dei ricordi, perché si possa parlare di autentica attività mnestica, è fondamentale. All’altro capo ci sono quelli che sostengono che la verità dei ricordi sia una questione del tutto irrilevante. Per loro l’unica cosa importante per l’attività rammemorativa è la minore o maggiore capacità adattiva che proviene dal possesso di una determinata traccia mnestica.

Al centro di questi due poli può essere individuata la posizione del filosofo Andy Hamilton. Hamilton sostiene che i ricordi possano essere poco accurati, falsi nei dettagli ma non completamente falsi. Gli errori che possono affliggere l’attività rammemorativa in quest’ottica vengono solitamente raggruppati in errori di omissione, nei quali un numero più o meno grande di dettagli viene dimenticata, o in errori di “aggiunta”, nei quali il ricordo viene distorto a causa dell’inserimento di opinioni soggettive, affabulazioni, altre conoscenze non derivanti dalla situazione vissuta etc.

In quanto detto finora l’accuratezza della memoria può essere definita informalmente come la corrispondenza più o meno dettagliata di quanto ricordato da un soggetto e una situazione oggettiva determinata. Questo però non è l’unico modo di intendere la nozione di accuratezza quando la riferiamo ad eventi mnestici. Molti filosofi oggi pensano che un ricordo sia accurato nella misura in cui è più o meno aderente all’esperienza soggettiva che una persona ha avuto della situazione che si sta ricordando. In quest’ottica un ricordo implica la verità dell’esperienza soggettiva, in prima persona, dell’evento che si sta ricordando più che dell’evento in sé e per sé. Il ricordo sarebbe una relazione tra la mente in un dato momento presente e la mente nella sua esperienza passata, piuttosto che essere una relazione tra mente e realtà. Questo modo di vedere le cose ha dalla sua parte la capacità di rendere comprensibile la possibilità di ricordare genuinamente qualcosa di falso. Una persona A può infatti credere di aver visto il proprio gatto fuori dalla finestra, ad esempio, pur essendo l’animale non quello in questione ma uno molto simile ad esso. Nel ricordare l’evento il ricordo di A implica la verità soggettiva di aver visto il suo gatto fuori dalla finestra ma la falsità di fatto di ciò che crede di aver visto.

Per uno dei più grandi filosofi della memoria contemporanei, Sven Bernecker, un ricordo per essere genuinamente tale deve essere allo stesso tempo autentico, cioè quanto si rappresenta nel ricordo deve essere ciò che si è soggettivamente rappresentato nella situazione vissuta, e vero, quanto si è originariamente rappresentato soggettivamente deve essere oggettivamente accaduto.
Che cosa faccia di un ricordo autentico è materia di dibattito. L’opposizione fondamentale ricalca quella delineata all’inizio dell’articolo. Chi abbraccia la visione dell’ “archivio” pensa sia indispensabile che quanto viene rappresentato nel ricordo e quanto viene soggettivamente vissuto siano identici. Chi abbraccia le tesi costruttiviste, invece, pensa che tutto ciò che sia richiesto è che il contenuto del ricordo riprodotto e il contenuto mentale soggettivo siano sufficientemente simili.

Per concludere è da esaminare una questione spinosa per i filosofi della memoria. Quali prove abbiamo della affidabilità della nostra memoria?

Ogni ricordo si riferisce ad un evento passato di cui non abbiamo più traccia, l’unica prova dell’affidabilità dei nostri ricordi sono altri ricordi e non possiamo addurre come prove nessuna realtà obiettiva. Il successo che otteniamo nell’agire in conformità ai nostri ricordi non è teoreticamente sufficiente ad attestarne affidabilità e verità. L’affidabilità dei nostri ricordi sarebbe dunque da addurre in ultima analisi all’affidabilità di qualche altro ricordo ad esso correlato, senza poter portare prove esterne.

Da qui all’idea scettica che le nostre conoscenze fondate sulla facoltà mnestica siano a loro volta del tutto infondate il passo è breve. La risposta autorevole data da filosofi come Russell e Saunders implica che l’affidabilità della memoria debba essere assunta come pietra angolare di qualsiasi conoscenza e non ci si debba affannare a cercare una dimostrazione. La nostra conoscenza è valida proprio perché la nostra memoria è una facoltà affidabile, nonostante soggetta a distorsioni, è valida perché il ricordare genuino implica la verità di quanto ricordato.

Oggi la questione sembra essere aperta. Da un lato i sostenitori dell’internalismo epistemico pensano che la soluzione risieda nella capacità di indagare in prima persona il contenuto dei nostri processi mentali. Dall’altro gli esternalisti contendono che un criterio esterno alla soggettività individuale debba pur esserci per determinare se i nostri ricordi possano essere la base della nostra conoscenza.

Andrea Bucci

Bibliografia

  1. Bernecker, S. (2008). The Metaphysics of Memory. Dordrecht: Springer.
  2. Bernecker, S. (2010). Memory: A Philosophical Study. Oxford: Oxford University Press.
  3. Brandt, R. (1955). The Epistemological Status of Memory Beliefs. Philosophical Review 64: 78–95.
  4. Hamilton, A. (1998). False Memory Syndrome and the Authority of Personal Memory-Claims: A Philosophical Perspective. Philosophy, Psychiatry, and Psychology 5: 283–97.
  5. Locke, D. (1971). Memory. London: Macmillan.
  6. Robins, S.K. (2016). Misremembering. Philosophical Psychology 29: 432–47.
  7. Russell, B. (1921). The Analysis of Mind. London: George Allen & Unwin.
  8. Saunders, J.T. (1963). Skepticism and Memory. Philosophical Review 72: 477–86.

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