Un team di ricerca coordinato dal MIT di Boston ha individuato un gene (HDAC2) la cui inibizione sarebbe in grado di far regredire i sintomi dell’Alzheimer nei topi, favorendo plasticità sinaptica e recupero della memoria a lungo termine. Lo studio è pubblicato su Nature (Ji-Song Guan et al., HDAC2 negatively regulates memory formation and synaptic plasticity, Nature, May 7, 2009).
“Il gene HDAC2 e le sue proteine sarebbero target promettenti per il trattamento dei disturbi della memoria. HDAC2 regola infatti l’espressione di una pletora di geni implicati nella formazione di memorie e nella plasticità cerebrale, cioè la capacità del cervello di cambiare in risposta all’esperienza”, ha spiegato in una nota stampa Li-Huei Tsai, docente di neuroscienze al MIT e autore principale dello studio.
I ricercatori hanno trattato topi Alzheimer con farmaci sperimentali inibitori dell’istone deacetilasi (HDAC), una famiglia di 11 enzimi che agiscono come regolatori di espressione genica, scoprendo che l’inibizione di uno di questi in particolare, l’HDAC2, faciliterebbe la plasticità sinaptica e la formazione di memorie. “Questa scoperta porterà allo sviluppo di inibitori HDAC più selettivi per il potenziamento della memoria, farmaci più efficaci e più sicuri con i quali potranno essere trattati Alzheimer, demenze e altre malattie neurodegenerative; al momento gli inibitori HDAC sono in fase di trial clinico quali agenti anticancro e in studio preclinico per il trattamento dell’Huntington”, ha dichiarato la Tsai.
Nel nuovo studio i ricercatori del MIT hanno dimostrato che, non solo i topi transgenici indotti a sviluppare Alzheimer, quando trattati con inibitori HDAC, recuperavano le loro memorie a lungo termine e la capacità di apprendere, ma anche che la somministrazione di questi inibitori a topi sani era in grado di agire come potenziatore della loro memoria.
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