Cavernomi cerebrali: BrainFactor intervista Elisabetta Dejana

Cavernomi cerebrali: Brainfactor intervista Elisabetta DejanaUn nuovo studio sui cavernomi cerebrali apre le porte ad un approccio terapeutico a una patologia da sempre trattata chirurgicamente. I cavernomi cerebrali (o “angiomi cavernosi”) sono malformazioni dei vasi del cervello che possono causare emorragie, deficit neurologici, crisi epilettiche, mal di testa ricorrenti. La loro origine è sia genetica che casuale. Ne sarebbe affetta più di una persona su 500. Ma il 70-80% dei casi non presenta sintomi.

Un team di ricercatori dell’IFOM e dell’Università degli Studi di Milano avrebbe identificato uno dei meccanismi molecolari che causano i cavernomi cerebrali e sperimentato una possibile terapia antinfiammatoria e antitumorale che apre nuove opportunità per le persone colpite da queste malformazioni. Brainfactor ha intervistato la Professoressa Elisabetta Dejana, coordinatore dello studio che è stato pubblicato in questi giorni su Nature.

Elisabetta Dejana (in foto) è direttore del programma di ricerca IFOM “Il sistema vascolare del cancro” e professore ordinario di Patologia Generale nel Dipartimento di Bioscienze all’Università degli Studi di Milano. Dopo la laurea in Scienze Biologiche conseguita alla Università di Bologna, ha lavorato in diversi centri di ricerca intervallando periodi di lavoro in Italia e all’estero. Alla nascita di IFOM, nel 2000, è stata tra i primi scienziati ad animarne i laboratori.

Ha preso così il via, sotto la sua direzione, un programma di ricerca IFOM finalizzato allo studio del processo di formazione dei vasi sanguigni e allo sviluppo di strategie terapeutiche che, agendo su di esso, possano inibire la crescita tumorale. Elisabetta Dejana, oltre che per i suoi contributi scientifici, si distingue anche per la capacità comunicativa nel divulgare la scienza e per il particolare impegno nel promuovere la carriera dei giovani ricercatori. È autrice di oltre 300 studi scientifici pubblicati sulle più prestigiose riviste specialistiche internazionali. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti.

Ecco l’intervista (audio; segue trascrizione)

Professoressa Dejana, che cos’è un cavernoma cerebrale?

Un cavernoma cerebrale è una malformazione dei vasi del cervello, i quali tendono ad allargarsi e a formare delle lesioni chiamate “a lampone”, perche si presentano come tante formazioni multiple-lumen e con lumi molto ampli. Queste malformazioni creano grossi problemi perché tendono a rompersi, sono molto fragili, il sangue fuoriesce fino a provocare un ictus emorragico, che ha un’alta mortalità.

Come viene trattata oggi questa patologia?

Purtroppo oggi non c’è cura se non intervento chirurgico che non è sempre possibile proprio perché queste lesioni possono essere profonde, o posizionate a livello della colonna e l’intervento stesso può dare lesioni al sistema nervoso con una serie di conseguenze come crisi epilettiche, problemi di paralisi, ecc… L’unica cura per i cavernomi cerebrali è la chirurgia, che implica rischi elevati, perché non esiste una cura farmacologica.

Il suo gruppo di ricerca ha pubblicato su Nature uno studio che fornisce un contributo importante nella conoscenza dei meccanismi molecolari alla base della formazione dei cavernomi cerebrali ed una possibilità terapeutica farmacologica. Di che si tratta?

I cavernomi cerebrali derivano dalla mutazione di tre geni in particolare, coinvolti nella struttura e funzione delle cellule dei vasi. Queste cellule impazziscono e abbiamo osservato che acquisiscono una serie di caratteristiche tipiche delle cellule tumorali. Da lì abbiamo anche visto che queste cellule vascolari mostrano una ipersensibilità dei fattori legati all’infiammazione, e bloccando questi fattori infiammatori si può indurre la regressione della lesione. Dato che il blocco viene fatto utilizzando sostanze farmacologiche, questo apre la porta alla possibilità di trattare i pazienti affetti da cavernomi cerebrali con i farmaci. È ovvio che questo approccio terapeutico è infinitamente più semplice e fattibile che non l’intervento chirurgico.

Quali sono i prossimi passi che si possono fare nella ricerca sui cavernomi cerebrali?

Le cose che si possono fare sono tante. Da un lato vorremmo cercare di selezionare il trattamento farmacologico ideale per passare al trattamento dei pazienti. In Italia e all’estero sono già state selezionate diverse famiglie i cui componenti mostrano la presenza del gene modificato. Una volta identificato il farmaco o la combinazione di farmaci più appropriata per il trattamento dei cavernomi, l’idea è che si facciano partire studi pilota sull’uomo. D’altro lato, un altro aspetto su cui vorremmo lavorare, è la possibilità di diagnosi, perché il cavernoma esiste sia come forma ereditaria che come forma così detta sporadica, dove una persona può acquisire la mutazione genetica in età adulta, pur non manifestando alcun sintomo particolare. In questi casi, sbalzi di pressione o uno stimolo di tipo infiammatorio a livello cerebrale possono portare alla formazione del cavernoma e queste persone possono sviluppare un ictus emorragico improvviso. È quindi molto importante riuscire ad avere dei test diagnostici e, partendo dallo studio pubblicato su Nature, vorremmo identificare dei marcatori circolanti che permettano di individuare i pazienti a rischio.

Insieme al paziente

Il lavoro di Elisabetta Dejana ha ricevuto apprezzamento dalla Angioma Alliance, un’organizzazione americana fatta da e per le persone affette da malformazioni cavernose cerebrali (CCM), per i loro familiari, i professionisti della salute e i ricercatori. Scopo della Angioma Alliance è di informare, sostenere e responsabilizzare le persone colpite da queste malformazioni, e guidare la ricerca verso una possibile cura con il motto “Striving for Answers”, ovvero sforzarsi per avere risposte.

In Italia è presente l’Associazione Italiana Angiomi Cavernosi (AIAC), nata nella primavera dello scorso anno con la consulenza e il supporto della Fondazione Telethon e che fa seguito alla creazione nel 2011 del portale www.ccmitalia.unito.it, primo punto di incontro per coloro che conoscono in prima persona o da vicino questa patologia. L’associazione si propone di favorire gli incontri tra le famiglie italiane colpite da cavernoma cerebrale e la creazione di un dialogo continuo con ricercatori e clinici, a loro volta parte del network di ricerca CCM_Italia, dove i ricercatori italiani studiano le CCM nei diversi aspetti della malattia in collaborazione con l’Angioma Alliance e la Cavernoma Alliance UK.

La ricerca condotta da Elisabetta Dejana è è stata sostenuta da finanziamenti dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dei altri Enti tra cui la Fondation Leducq, un’organizzazione impegnata nella ricerca sulle malattie cardiovascolari.

Alessandra Gilardini, Ph.D.

Fonti:

  1. CS IFOM: Cavernomi cerebrali: possibile una terapia farmacologica alternativa alla neurochirurgia
  2. Maddaluno L, Rudini N, Cuttano R, Bravi L, Giampietro C, Corada M, Ferrarini L, Orsenigo F, Papa E, Boulday G, Tournier-Lasserve E, Chapon F, Richichi C, Retta SF, Lampugnani MG, Dejana E. EndMT contributes to the onset and progression of cerebral cavernous malformations. Nature. 2013 Jun 9. doi: 10.1038/nature12207. [Epub ahead of print]
  3. Angioma Alliance. Striving for Answers. http://www.angiomaalliance.org/index.aspx
  4. Associazione Italiana Angiomi Cavernosi Onlus. http://www. ccmitalia.unito.it/aiac/

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