Ad un anno di distanza dal Premio Nobel assegnato a Katalin Karikó e Drew Weissman per la rivoluzionaria tecnologia dell’RNA messaggero (mRNA), grazie alla quale sono stati messi a punto i vaccini anti-Covid che hanno consentito di salvare centinaia di milioni di vite umane, è ancora una volta l’RNA a prendersi la scena del Nobel per la Medicina, che è stato appena conferito a Victor Ambros e Gary Ruvkun per la scoperta dei “micro-RNA” [1].
Si tratta di brevi sequenze di RNA non codificanti ma al contempo regolanti l’attività dei geni umani ed animali, la cui funzione potrà risultare a seconda dei casi stimolata oppure inibita, con tutte le straordinarie ricadute che ciò potrà avere nella lotta sia ai tumori sia alle patologie cardiovascolari e neurodegenerative financo alle malattie infettive.
Quasi per paradosso, verrebbe da dire, queste ultime fattispecie sembrano accomunare sia le potenziali applicazioni sia i futuri sviluppi delle tecnologie dell’mRNA e dei micro-RNA, pur nelle sostanziali differenze che ne governano le relative funzioni biologiche ed i rispettivi meccanismi d’azione.
Non tutti sanno, inoltre, che la scoperta dei micro-RNA si deve agli studi effettuati su Caenorhabditis elegans, un verme lungo un solo millimetro e composto da un migliaio di cellule, il cui numero rimane costante per il suo intero arco vitale.
Quest’ultima costituisce, giustappunto, la principale caratteristica biologica per la quale questo nematode e’ stato e continua ad essere tuttora, da oltre 60 anni, oggetto di innumerevoli ricerche finalizzate a comprendere i meccanismi coinvolti nella “morte, rigenerazione e differenziazione cellulare”.
Faccio riferimento, in particolar modo, alla “apoptosi” (alias “morte cellulare programmata”), i cui geni responsabili vennero identificati, in prima battuta, grazie agli studi condotti su C. elegans, negli anni sessanta, da Sydney Brenner, il quale 40 anni più tardi – nel 2002, per la precisione – venne insignito del Premio Nobel per la Medicina insieme ai Colleghi Robert Horvitz e John Sulston.
Historia Magistra Vitae, tanto più quando si pensi che ad un verme il genere umano deve immensa gratitudine!
Giovanni Di Guardo
DVM, Dipl. ECVP
Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria
presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo
Note
[1] Nota stampa ufficiale https://www.nobelprize.org/prizes/medicine/2024/press-release/
Foto di digitale.de su Unsplash
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