Se “il cane impiega la sua intelligenza per capire quello che gli chiede l’umano e il gatto per fare quello che gli passa per la testa (…), un esempio di quell’intelligenza umana di cui siamo tanto orgogliosi ce lo dà un barbaro inutile esperimento fatto in Sud Tirolo: 29 maiali narcotizzati sepolti vivi sotto una slavina per monitorare la loro agonia”. Non usa mezzi termini Margherita Hack nella prefazione a “Fratelli a quattro zampe” di Alessandro Paronuzzi (Emmebi, 2011).
Un libro snello ma non “leggero” dunque quello di Paronuzzi, veterinario all’ASS n.1 Triestina, referee in zooantropologia didattica della Scuola Interazione Uomo Animale (SIUA), amante della scrittura tanto da aver pubblicato a oggi una cinquantina di libri, “convivente in una allegra confusione con la moglie veterinaria, tre cani e cinque gatte (più quattro figli e un nipote)” – notare le parentesi. Ma non (ancora) vegetariano. Particolare che all’astrofisica fiorentina – ora professore emerito all’Università di Trieste – non può certo passare inosservato: “Come fa un veterinario che ama gli animali a mangiare la carne? Eppure A.P. la mangia e forse non vorrebbe”. E lui, fra le pagine, risponde: “Sull’argomento mi esprimo parafrasando Sant’Agostino: Signore, fammi diventare vegetariano; ma non subito…”
Nel libro si leggono “storie belle e brutte”, raccontate in una sorta di diario mensile che copre un intero “anno da veterinario”, da gennaio a dicembre, sempre in uno stile piacevole e – ancora nelle parole della Hack – “commovente per chi conosce e ama gli animali e che forse inviterà coloro che non hanno avuto fin da bambini la gioia di avere un amico a quattro zampe ad avvicinarsi a questo universo così straordinario e purtroppo ancora molto ignorato”.
Allo stesso tempo è un libro di denuncia, in cui vengono messe sotto i riflettori storie di “animali maltrattati, cuccioli introdotti illegalmente in condizioni vergognose dai Paesi dell’Est, strappati prematuramente alle madri e destinati a morire per nutrire un fruttuoso commercio”, oltre a problemi come quello dei “cinghiali che derubati dei loro habitat arrivano fino in città recando danni ingenti all’agricoltura, e allora l’uomo – il padrone del creato – decide di ucciderne un bel po’ invece di provvedere a conservare il loro habitat”. Ma vi si trovano anche “commenti a ridicole delibere comunali come la proibizione di permettere ai cani di far la pipì sulle ruote delle macchine” e altre analoghe umane stramberie.
Il tutto inframmezzato da passaggi esilaranti, come il seguente: “(Nomi di cani 2). Come si chiama questo bel cagnone? Jack. Ah, proprio come mio figlio. Mi dispiace… E perché?”; ma anche da stimolanti pillole di riflessione: “I vecchi manuali di psichiatria distinguevano la noia originaria da quella acquisita. La seconda è propria dell’uomo, con le sue quotidiane paturnie, frutto di frustrazioni, irrequieta, instabile, patologica. La prima è quella del gatto, sovrana assoluta, atemporale, incontaminata e incontaminabile. Sola, autentica metanoia”.
Il libro:
Alessandro Paronuzzi, “Fratelli a quattro zampe. Un anno da veterinario” (con prefazione di Margherita Hack), Emmebi Edizioni, Firenze, 2011 (link)
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