La cena è finita davvero tardi. Sembro l’unica persona ancora sveglia, c’è un silenzio spettrale in questa via, auto parcheggiata dietro l’angolo. Ho percorso solo pochi metri quando sento dei passi sopraggiungere alle mie spalle, sembra che qualcuno si trascini sull’asfalto. Accelero il passo, così anche il rumore si fa più rapido. Cerco le chiavi ma non le trovo, accidenti alla mania di avere le borse grandi con la casa dentro.
Volto l’angolo e vedo la macchina, schiaccio l’apertura automatica ma non funziona “Dai apriti… Maledette batterie!” Sento qualcuno alle spalle quando la serratura scatta, apro la portiera e salto in auto chiudendo subito tutto. Ed ecco che vedo l’uomo, trascina a fatica un sacco colmo di oggetti e corre verso un’auto parcheggiata, dove una donna gli sorride e dice “Temevo che quest’anno non saresti venuto alla fiera dell’usato a Roma. Dai che partiamo, se no arriviamo tardi”.
Cosa succede nel nostro cervello quando avvertiamo un segnale di possibile pericolo? Le emozioni, paura in primis, così come le memorie emozionali, sono “gestite” principalmente da una parte del cervello chiamata amigdala: un gruppo di strutture neuronali che si trova alla base del cervello (una per ogni suo lato) e rientra in una serie di connessioni nervose appartenenti al cosiddetto “sistema limbico”.
Joseph LeDoux, dell’Università di New York, ha studiato per decenni le vie di trasmissione della paura nel cervello, dedicandosi alla materia grigia a tal punto da fondare insieme ad altri colleghi una band rock americana chiamata “the Amygdaloids”.
Nella foto: The Amygdaloids di LeDoux.
Gli organi di senso trasmettono l’impulso di allarme al talamo, la “centrale” che riceve e smista tutte le informazioni del cervello, che comunica con l’amigdala attraverso due vie, una breve ed una lunga. La via breve permette di pre-allertare il cervello prima ancora di essere a conoscenza che esiste una situazione di rischio. La seconda via raggiunge la corteccia sensoriale una frazione di secondo più tardi, così da avere un quadro generale del potenziale pericolo. Quest’ultima via rinforza la risposta alla paura o dichiara il falso allarme.
Circa un anno fa, la rivista Neuron ha pubblicato un lavoro che dimostra chiaramente i meccanismi di trasmissione delle due vie studiate da LeDoux. Nel paper, Alessandro Gozzi e colleghi hanno condotto uno studio di farmaco-genetica presso i laboratori di Biologia Molecolare Europea a Monterotondo e presso il Centro di Ricerca e Medicina GlaxoSmithKline di Verona.
Nel lavoro di Gozzi e colleghi, dei topi sono stati geneticamente modificati affinché esprimessero dei recettori per un inibitore, l’atropina, solamente sulle cellule di tipo I dell’amigdala (il nucleo centrale), così da poter bloccare la loro attivazione, osservando eventuali modifiche di comportamento dei soggetti di fronte alla paura. Successivamente, a questi topi è stato insegnato ad associare uno stimolo sonoro ad un evento spiacevole, in modo che ogni volta che avessero sentito lo stesso suono sarebbero rimasti immobili dalla paura.
Quando lo stimolo era preceduto dalla somministrazione di atropina, i topini non restavano immobili ma reagivano allo stimolo alzandosi sulle zampe ed esplorando l’ambiente per identificare il pericolo. Per capire quale altra parte del cervello fosse alla base di questo cambio comportamentale, Angelo Bifone del Centro per l’Innovazione delle Nanotecnologie IIT@NEST di Pisa ha osservato l’attività neuronale dei topini durante il test con la tecnica della risonanza magnetica funzionale (fMRI), adattata ai quattro zampe.
La risonanza ha rivelato che il blocco dell’amigdala permetteva l’attivazione degli strati più esterni della corteccia cerebrale, in grado di smuovere i topini dallo stato di paralisi. L’identificazione di come le due aree cerebrali si attivino in base a come reagiamo al pericolo potrebbe costituire uno strumento in più per adattarci allo stress e all’imprevedibilità della vita moderna… o anche solo ad una notte di streghe e di fantasmi come questa.
Alessandra Gilardini
Biologo, Ph.D in Neuroscienze
Fra i dolcetti, BrainFactor consiglia senza dubbio la “Brain Cake”. Happy Halloween!
Referenza:
Gozzi A, et al. A neural switch for active and passive fear. Neuron. 2010 Aug 26;67(4):656-66.
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