I Cetacei, modelli di studio per le neuropatie umane

Il presente contributo offre una sintetica rassegna sul ruolo potenzialmente svolto dai Cetacei quali “modelli di patologia comparata” nei confronti delle neuropatie umane.

In particolare, viene presentato e discusso un confronto con la malattia di Alzheimer, la più comune forma di demenza su scala globale, oltre che con la “panencefalite subacuta sclerosante”, una rara sequela neurologica osservata in un esiguo numero di pazienti a seguito di una pregressa infezione sostenuta dal virus del morbillo.

Parole-chiave: Cetacei, neuropatie umane, malattia di Alzheimer, panencefalite subacuta sclerosante, modelli animali di malattie umane.

Quando pensiamo ai delfini e alle balene, le più iconiche ed affascinanti creature che popolano i mari e gli oceani del nostro Pianeta, ci riferiamo spesso al loro precario stato di conservazione (e di salute), sempre più minacciato per mano dell’uomo. A tal proposito, tutti i Cetacei sono inclusi nella cosiddetta “lista rossa” della “International Union for the Conservation of Nature”, che ne monitora e ne definisce regolarmente il “rischio di estinzione” su base periodica.

Ciò costituisce per l’appunto il principale motivo per cui è di cruciale rilevanza acquisire – in relazione al grado di autolisi post-mortale (1) – il maggior numero di informazioni dagli esami necroscopici e dalle indagini laboratoristiche effettuati/e su ogni singolo esemplare spiaggiato, posto che gli episodi di spiaggiamento, siano essi individuali o collettivi, rappresentano un’occasione più unica che rara per monitorare lo stato di salute e di conservazione dei Cetacei che vivono in mare aperto, rispetto ai quali gli esemplari spiaggiati costituiscono dei fondamentali “testimonial”.

Tuttavia, a dispetto di quanto sopra, non si presta ancora molta attenzione al significato e al ruolo dei Cetacei quali potenziali modelli di studio e di patologia comparata nei confronti delle “controparti” lesive proprie della nostra specie. Cio’ risulta particolarmente vero per alcune neuropatie centrali umane, quali ad esempio la malattia di Alzheimer e la “panencefalite subacuta sclerosante”.

Infatti, sebbene la malattia di Alzheimer rappresenti la più comune forma di demenza a livello globale, i modelli animali finora caratterizzati non sarebbero in grado di ricapitolarne adeguatamente l’intero spettro delle peculiari lesioni osservate a livello encefalico, ovvero i depositi di amiloide-ß (Aß) e gli aggregati neurofibrillari di proteina tau (2). Di particolare interesse risulterebbe, in proposito, la presenza di alterazioni “Alzheimer-like” recentemente descritte in sede encefalica in alcuni delfini appartenenti alle specie Stenella coeruleoalba e Tursiops truncatus, rinvenuti spiaggiati sulle coste spagnole (3).

Analoghe lesioni sono state altresì descritte, a livello del neuroparenchima cerebrale, in alcuni esemplari di Cetacei appartenenti alla Famiglia Ziphiidae, in cui le stesse sono state poste in rapporto di causa-effetto con reiterati episodi di ipossia a livello della compagine encefalica (4). L’eziologia delle succitate alterazioni “Alzheimer-like” nei Cetacei è stata attribuita alla β-metilamino-L-alanina (BMAA), una neurotossina di origine cianobatterica che sarebbe in grado di accumularsi all’interno delle catene trofiche marine e che era già stata associata in precedenza allo sviluppo di analoghe lesioni cerebrali nei Primati non umani (5).

In un siffatto contesto, la posizione apicale occupata in ambito di catene alimentari marine dai Cetacei Odontoceti (quali sono giustappunto i delfini) li predispone al “bioaccumulo” ed alla conseguente “biomagnificazione” di una folta gamma di “contaminanti ambientali persistenti” quali il “metil-mercurio” (MeHg), fattispecie quest’ultima che risulterebbe di notevole interesse alla luce del documentato sinergismo di azione tossica intercorrente fra BMAA e MeHg (6). A conferma di ciò, l’intensità e la “magnitudo” delle alterazioni “Alzheimer-like” risulterebbero accresciute a livello del tessuto cerebrale di delfini contestualmente esposti a BMAA e MeHg (7).

Dal punto di vista neuropatogenetico, appare significativo il ruolo esplicato dalla “proteina prionica cellulare” (PrPc) quale recettore ad alta affinita’ espresso sulla superficie delle cellule neuronali nei confronti degli oligomeri di Aß, oltre che come “mediatore” delle disfunzioni sinaptiche indotte dai suddetti oligomeri (8). Ne consegue che sarebbe importante analizzare l’espressione della PrPc anche a livello della compagine encefalica di Cetacei con lesioni “Alzheimer-like”, al precipuo fine di poterli “candidare” quali validi modelli di studio nei confronti della neuropatologia e della neuropatogenesi comparate della malattia di Alzheimer (9).

Come già precedentemente accennato, la “panencefalite subacuta sclerosante” costituisce un’ulteriore entità neuropatologica dell’uomo nei cui confronti i Cetacei potrebbero “candidarsi” quali potenziali modelli di studio. Questa rappresenta, infatti, una rara sequela neurologica osservata in un ristretto numero di pazienti a seguito di una pregressa infezione sostenuta dal virus del morbillo (“Measles virus”, MeV). Allo stesso modo, anche nei delfini appartenenti alla specie Stenella coeruleoalba e con una pregressa infezione da “Dolphin morbillivirus” (DMV) – un ceppo di “Cetacean morbillivirus” (CeMV), che nel corso degli ultimi 35 anni ha causato una serie di drammatiche epidemie fra i Cetacei nel Mediterraneo occidentale, così come lungo le coste atlantiche statunitensi e altrove (10) -, è stata descritta una peculiare neuropatia centrale morfo-patologicamente affine alla panencefalite subacuta sclerosante dell’uomo (11).

Ciononostante, a dispetto della documentata caratterizzazione delle popolazioni cellulari, neuronali e non, alberganti l’antigene virale in alcuni esemplari di Stenella coeruleoalba affetti dalla neuropatia in questione (12), i recettori coinvolti nella persistenza e nella diffusione di DMV all’interno della compagine encefalica dell’ospite risultano tuttora ignoti (13). Per contro, nei pazienti umani con panencefalite subacuta sclerosante sono stati descritti una serie di eventi mutazionali a carico dei geni codificanti per l’antigene fosfoproteico (P), nonché per la proteina di matrice (M) e per l’antigene di fusione (F) di MeV, unitamente ad un peculiare meccanismo molecolare in virtù del quale il virus del morbillo sarebbe in grado di diffondersi e di persistere a livello del tessuto cerebrale (13-16).

In ogni caso, visto e considerato che indagini di questo tipo non sono state finora condotte in delfini CeMV/DMV-infetti, è necessaria molta cautela prima che gli esemplari di Stenella coeruleoalba affetti dalla succitata neuropatia centrale si possano “definire” un valido “modello di neuropatologia e di neuropatogenesi comparate” nei riguardi della “controparte” lesiva propria della nostra specie, rappresentata per l’appunto dalla panencefalite subacuta sclerosante (11-13).

In conclusione, passa anche attraverso il miglioramento delle nostre conoscenze in ambito di “patologia e di patogenesi comparate”, ivi comprese le complesse quanto intriganti dinamiche d’interazione “ospite-parassita”, il monitoraggio dello stato di salute e di conservazione dei Cetacei, che appare sempre più instabile e compromesso per mano dell’uomo.

Ciò non dovrebbe esser disgiunto in alcun modo, nel rispetto del basilare concetto/principio della “One Health” – la “salute unica” di uomo, animali ed ambiente -, dalla contestuale rilevanza dei Cetacei quali potenziali modelli di studio nei confronti delle malattie umane (ed animali), come è stato giustappunto illustrato nel presente articolo a proposito della malattia di Alzheimer e della panencefalite subacuta sclerosante.

Prof. Giovanni Di Guardo

Già Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria
Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo

Bibliografia

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