Ricercatori della Anglia Ruskin University (ARU) di Cambridge in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia di Ferrara (CTNSC-IIT) hanno scoperto che la “forza della connessione tra cervello e organi interni” influirebbe su come valutiamo la nostra immagine corporea.
Pubblicato in questi giorni su Cortex, lo studio coordinato da Jane Aspell, docente di neuroscienze cognitive alla Ruskin, ha dimostrato che “adulti con cervelli meno efficienti nel rilevare i messaggi interni proverebbero maggiore vergogna per il proprio corpo e preoccupazione per il proprio peso”.
Il team italo-britannico ha misurato due indici elettrofisiologici della “interocezione implicita”: il potenziale evocato dal battito cardiaco (heartbeat evoked potential, HEP) e l’accoppiamento tra fase gastrica e ampiezza del ritmo corticale alfa (gastric-alpha phase-amplitude coupling, PAC).
Comparando i dati rilevati con l’immagine corporea soggettivamente percepita dai partecipanti, sono emerse significative associazioni negative tra le variabili interocettive e la negatività dell’immagine corporea, mentre nessuna correlazione è risultata rispetto alla positività di quest’ultima.
“Nella clinica – spiega Aspell – HEP e PAC potrebbero tornare utili quali biomarcatori di immagine corporea negativa: come abbiamo visto, quando il cervello risponde poco ai segnali impliciti, le persone sono portate più frequentemente ad avere problemi con il proprio aspetto fisico”.
Lo studio
Jennifer Todd, Pasquale Cardellicchio, Viren Swami, Flavia Cardini, Jane E. Aspell, Weaker implicit interoception is associated with more negative body image: Evidence from gastric-alpha phase amplitude coupling and the heartbeat evoked potential, Cortex, 2021
https://doi.org/10.1016/j.cortex.2021.07.006
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