Qualora la critica scientifica leda l’altrui onore e reputazione, si dovrà verificare solo il rispetto del limite della continenza, essendo esclusa l’applicazione del limite della verità. Alla magistratura, quindi, compete “solo” il compito di accertare la natura scientifica, o meno, di un lavoro, di una teoria o di un’opera, ma non quello di valutarne la bontà metodologica o il valore scientifico…
“La scienza in che cosa esattamente può consistere? Sappiamo veramente dirlo?”
(Platone, Teeteto, 145 e – 151 d)
1 – La critica e l’informazione
La critica consiste nell’espressione di un giudizio, di un’opinione eminentemente soggettiva sui fatti. Essa quindi in quanto doxa e non episteme, tendenzialmente non ha – né può pretendere di avere – valore di verità (laddove per verità si intende nella corrispondenza ai fatti i quanto viene asserito), ma assolve ad una funzione prevalentemente interpretativa e valutativa, volta a garantire una pluralità di punti di vista sul medesimo fatto, così da “illuminarlo” e meglio comprenderlo.
Storicamente sono state enucleate (almeno) quattro differenti ragioni per tutelare il pluralismo della critica: anzitutto, perché un punto di vista che si potrebbe avere motivo di respingere può pur sempre essere vero; secondo, perché un punto di vista problematico non solo contiene una parte di verità, ma perché è solo attraverso il conflitto di opinioni contrapposte che l’altra parte di verità può venire alla luce; terzo perché un punto di vista non contestato non viene mai compreso pienamente nelle sue basi razionali ma solo accettato in modo supino e dogmatico; quarto perché l’evidenza decisiva contro un’opinione solitamente viene trovata ed espressa solo con l’aiuto di un’alternativa (Mill, 37).
Del resto è inutile farsi illusioni, perché – nonostante tutti gli sforzi – è quasi impossibile pervenire ad una conoscenza coerente, ad un resoconto uniforme del mondo e degli eventi che accadono in esso; perché non vi è una verità globale, ma vi sono molteplici informazioni ottenute in modo diverso e da fonti diverse. Al riguardo Feyerabend ha osservato come «la Verità, scritta “a lettere maiuscole” (…) non sopporta opinioni divergenti: le chiama bugie» (Feyerabend, 106).
Dunque, è solo incrociando tra loro informazioni ed opinioni diverse e contrapposte, che si può sperare di giungere ad una comprensione veritiera dei fatti; anche perché la conoscenza progredisce impadronendosi, «in un giro sempre più largo, della realtà», che, a sua volta, «costituisce qualcosa da indagare ulteriormente» Ad ogni passo della conoscenza «si pongono e si risolvono delle difficoltà, che si presentano o sul piano puramente logico o su quello fattuale, sul fondamento degli stimoli o delle motivazioni di pensiero che si trovano appunto nelle cose, che da queste sembrano quasi uscire come sfide» (Husserl, 278).
Occorre però fare attenzione al rischio sempre presente di una manipolazione dell’informazione, la quale può assumere due forme: una prima forma, è la sua soppressione al fine di non rendere pubbliche determinate notizie e/o opinioni e così restringere la «base delle conoscenze, delle interpretazioni e delle valutazioni i cui i destinatari dell’informazione possono disporre, e per conseguenza un restringimento delle alternative di scelta che essi si trovano davanti sia in termini di credenze sia in termini di comportamenti» (Stoppino, 599). La seconda forma, invece, consiste nell’eccesso di informazione: difatti, «l’emissione incessante di una molteplicità di informazioni e di interpretazioni disparate e in tutto o in parte contraddittorie può saturare la capacità di ricezione e di valutazione» (Stoppino, 599 e Derrida, 5).
2 – La critica scientifica
La Costituzione oltre al principio di libertà di manifestazione del pensiero di cui all’art. 21, garantisce altresì il principio della libertà della scienza, fissato al successivo art. 33, che, al primo comma, così statuisce: «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Entrambe queste manifestazioni dell’agire umano ricevono tutela costituzionale in quanto favoriscono il progresso di una società e dei suoi cittadini. Esse infatti possono portare nuove scoperte oppure, possono pervenire alla soluzione o alla comprensione di vecchi problemi, nonché al chiarimento ed alla definizione di questioni, controverse.
In altre parole l’arte e la scienza forniscono un apporto decisivo al progredire della conoscenza, alla creazione, allo sviluppo ed allo scambio di «idee e di opinioni, indispensabile in ogni società democratica» (Corte EDU, 24.05.1988, Müller, Riv. dir. internaz., 1989, 78), che – proprio per tali ragioni – si prefigge il compito di mantenere e garantire i diversi punti di vista. Anche perché la democrazia è «un’educazione al dialogo, al sentire le ragioni degli altri, anche se può cadere nel “relativismo delle opinioni”, ovvero in quel meccanismo per cui ciascuno tollera qualcosa delle opinioni dell’altro, ma non modifica le proprie di una sola virgola» (Bodei).
Tanto premesso, la Corte Costituzionale ebbe ad avvertire – già con una sentenza risalente al 1962 – che la «tutela costituzionale dei diritti ha sempre un limite insuperabile nell’esigenza che, attraverso l’esercizio di essi, non vengano sacrificati beni ugualmente garantiti dalla Costituzione» (C. Cost., 16.031962, n. 19, www.cortecostituzionale.it).
Nel solco di tale indirizzo, la Corte di Cassazione, ha individuato i limiti affinché il diritto di informare, nelle sue articolazioni della cronaca (quale narrazione di fatti) e della critica (quale interpretazione dei fatti), possa considerarsi lecito: essi sono costituiti congiuntamente, dalla verità (oggettiva o anche soltanto putativa, purché, in questo caso, frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca dei fatti esposti; dall’interesse pubblico alla conoscenza del fatto, oggetto della cronaca dalla correttezza formale, infine, dell’esposizione (cosiddetta continenza), postulandosi la necessaria adozione, da parte del giornalista, di una forma civile della esposizione dei fatti e della loro valutazione (Cass. civ., 15.02.2006, n. 3284, Mass., 2006, 304).
Con la precisazione che, nell’ambito della critica, se è vero che l’espressione di un’opinione o di una valutazione non può essere considerata, in sé, né vera né falsa; tuttavia, poiché – come si è accennato – la «verità di un’opinione è parte della sua utilità» (Mill, 37), non si può prescindere da un nucleo di verità delimitato dall’esistenza fenomenologia del fatto assunto a base delle opinioni e delle valutazioni espresse nel giudizio critico (Cass. pen., 31.01.2007, n. 7772, Mass., 2007).
In questo contesto, i principi di libertà fissati dagli artt. 21 e 33 Cost., vengono interpretati, per quanto riguarda l’ambito artistico, nel senso che, «salvo il caso in cui la libertà artistica si traduca in una gratuita denigrazione del prossimo e conseguentemente nella lesione dell’altrui dignità, l’artista potrà sempre invocare l’esercizio del proprio diritto di creazione artistica sancito dall’art. 33 cost.» (Trib. Roma, 05.07.2001, Giur. it., 2002, 2309). Mentre, per quando concerne l’ambito scientifico, tali principi vengono interpretati nel senso che la critica, qualora leda l’altrui onore e reputazione, dovrà rispettare solo il limite della continenza, venendo (almeno tendenzialmente) esclusa, l’applicazione del limite della verità.
La verità, difatti, rappresenta l’ideale, o l’obiettivo, della scienza che – tuttavia – si trova ad una distanza infinita, senza che, peraltro, esistano garanzie di sorta che, l’una o l’altra teoria scientifica, possano contribuire a farci perseguire, o almeno avvicinare, l’obiettivo della verità (Bloor, 87). Anche perché alcuni caratteri della cultura, della religione e – più in generale – della nostra vita sociale, «influiscono enormemente sia sulla creazione, sia valutazione delle teorie e delle scoperte scientifiche» (Bloor, 11). In altre parole, occorre tener presente che le «decisioni che riguardano il valore e l’uso della scienza non sono decisioni scientifiche», ma «esistenziali; sono decisioni di vivere, pensare, sentire, comportarsi in un certo modo» (Feyerabend, 31).
Ne consegue, che in sede giudiziaria, la giurisprudenza correttamente ritiene di non poter procedere a giudicare la verità, o meno, dell’ipotesi scientifiche, dato che in questo settore solitamente si fronteggiano teorie generali e conseguenti soluzioni ed applicazioni tecnico-pratiche diverse, spesso inconciliabili e, peraltro, destinate ed evolversi nel tempo. Del resto, per dirla con Karl Popper, una teoria è scientifica solo se è falsificabile ed il problema sarà quindi quello di trovare un «criterio che ci permetta di distinguere tra asserzioni che appartengono alle scienze empiriche (teorie, ipotesi) ed altre asserzioni (…) pseudo scientifiche, prescientifiche e metafisiche» (Popper, 9).
Sull’argomento si osserva che il metodo scientifico può essere inteso, in un senso astratto, come l’insieme dei criteri, teorici ed operativi, in forza dei quali dei quali un risultato può essere considerato scientifico. Si tratterebbe dunque di quei criteri che permetterebbero di distinguere un discorso scientifico da un discorso metafisico, religioso o pseudoscientifico. Ma il metodo scientifico, può riferirsi anche alla pratica quotidiana e concreta dello scienziato, o, quantomeno, alla prassi adottata dalla comunità scientifica nel suo complesso, nell’ambito di una attività di ricerca.
Si osserva inoltre che non sempre è agevole l’individuazione del metodo, basti ricordare le critiche mosse da Russell al metodo induttivista applicato da Bacone. Secondo quest’ultimo si può pervenire alla formulazione di una legge scientifica partendo dall’osservazione di un fenomeno, ed osservando il seguente schema: osservazione, esperimento, correlazione tra le misure, definizione ed elaborazione di un modello, formalizzazione della teoria. Il metodo deduttivista, invece, muove dalla formulazione un’ipotesi; questa viene poi espressa in modo da prevedere alcune conseguenze o eventi; segue poi l’osservazione in ordine alla produzione dell’evento previsto; se l’evento si produce, la teoria non è confermata, semplicemente non è stata smentita e può essere provvisoriamente accettata.
Ad ogni modo alla magistratura, quindi, compete “solo” il compito di accertare la natura scientifica, o meno, di un lavoro, di una teoria o di un’opera, ma non quello di valutarne la bontà metodologica o il valore (App. Bologna, 23.11.2000, Dir. autore, 2001, 465); nonché quello che accertare che non vengano superati i limiti imposti dal dovere di rispetto dell’onore della persona. E così, per fare esempio concreto, vediamo che la Corte di Cassazione ha ribadito l’impossibilità per il giudice di formulare un «giudizio di verità oggettiva» sulla validità scientifica di una terapia chirurgica controversa; con conseguente inutilità di ogni accertamento peritale o esame testimoniale sul punto, dato che non sarebbe comunque possibile un apprezzamento nel merito delle contrastanti valutazioni (Cass. civ., 06.04.1993, n. 4109, Foro it., 1994, I, 2217).
Per tale ragione dunque i (pochi) precedenti giurisprudenziali in materia di critica scientifica hanno costantemente espresso il principio di limitarsi a valutare l’opera scientifica solo sotto l’aspetto formale di accertamento dell’impostazione della serietà metodo scientifico seguito e dello stile utilizzato per esprimere il contenuto delle idee scientifiche (Cass. pen., 11.05.2005, Leher, Foro it., 2007, II, 166). In sede giudiziaria, il problema primario, dunque, sarà solo quello della corretta individuazione di parametri che consentano la riconoscibilità dell’opera come scientifica. Solitamente, questi parametri vengono individuati nel «metodo utilizzato che procede per analisi e sintesi, mediante la raccolta del materiale e lo studio comparato delle fonti, i cui risultati siano esposti con la pacatezza del linguaggio che si addice alla serietà della scienza» (Albamonte, 1202). Anche se sul punto, non ci si può esimere dall’osservare che ben raramente nell’esposizione di teorie contrapposte si assiste all’auspicata pacatezza del linguaggio, basti pensare alla famosa critica di Hegel che paragona la filosofia del suo maestro alla «notte in cui tutte le vacche sono nere» (Hegel, 76).
Del resto, non si può non ricordare che la «battaglia, la lotta, il polemos, può tornare utile al logos. La pugna è utile alla verità, in quanto è soltanto con la proposizione di posizioni che si stagliano e si distinguono che si giunge alla ricerca della verità» (Bodei). Per tale ragione è pacificamente ammesso che scriminante del diritto di critica (in generale e non solo quella scientifica), consenta l’utilizzo di termini aspri, pungenti e corrosivi, tutte le volte in cui questi possano risultare utili ad una informazione migliore e più efficace (Cass. pen., 20.04.2005, Marcenaro, Riv. pen., 2005, 954), con il solo limite di non trasmodare in argomenta ad personam, ossia in attacchi personali volti unicamente a screditare ed a squalificare il soggetto criticato. Sull’argomento è stato rilevato come le possibilità di argomentazione «dipendono da quanto ognuno è disposto a concedere, dai valore che egli riconosce, dai fatti sui quali sottolinea il suo consenso: ogni argomentazione è quindi ad hominem o ex concessis (…) Gli argomenti ad hominem sono spesso qualificati pseudo-argomenti, in quanto atti a persuadere (…).
Non bisogna però confondere l’argomento ad hominem con l’argomento ad personam, cioè con un attacco contro la persona dell’avversario, mirante essenzialmente a squalificarlo. La confusione può nascere perché spesso i due tipi di argomentazione si intersecano. Chi vede confutata la propria tesi mediante una argomentazione ad hominem, vede diminuito il proprio prestigio, ma non dobbiamo dimenticare che tale è la conseguenza di qualunque confutazione, con qualunque tecnica essa sia ottenuta» (Perelman – Olbrechts Tyteca, 117-118).
In definitiva, la critica scientifica rappresenta una forma legittima di manifestazione del pensiero qualora «risponda all’utilità sociale, sia accompagnata dall’indicazione delle ragioni che hanno condotto alla sua formulazione e, infine, non ecceda il limite della continenza»; mentre si ritiene «estraneo all’attività di critica ogni apprezzamento negativo immotivato, ancorché la motivazione possa essere opinabile per l’impossibilità di accertare la verità oggettiva di tesi scientifiche e di valutazioni tecniche non da tutti condivise; i giudizi di disapprovazione e di discredito delle idee e dei comportamenti altrui possono assumere il tono anche di grave e vivace dissenso, ma debbono essere motivati ed espressi in termini corretti, misurati e obiettivi» (Cass. civ., 06.04.1993, n. 4109, Foro it., 1994, I, 2217).
Da ultimo, facendo applicazione di tali principi in ambito giuridico, si è ritenuto che «l’estensore di una nota a sentenza ben può sottoporre a critica la condotta processuale di una parte del processo, ma in tal caso, ove le sue censure siano formulate in termini obiettivamente offensivi, egli è tenuto a fornire dimostrazione del fondamento delle sue affermazioni, e non può limitarsi ad invocare come prova della verità l’esistenza di precedenti giurisprudenziali che suffragano le sue tesi in diritto, piuttosto che altre» (Trib. Genova, 11.08.2003, Dir. inf., 2003, 1072). E ciò sul presupposto che, anche qualora l’attività di critica concerna persone esercenti la medesima attività professionale, pur essendo consentito manifestare giudizi negativi sull’operato del collega, quest’ultima deve però rimanere nell’ambito del «dissenso motivato su basi tecnico – scientifiche e il giudizio deve essere espresso in termini corretti, misurati e obiettivi e non assumere toni lesivi della dignità morale e professionale del collega» (Cass. pen., 24.04.1985, Zanelli, Riv. pen., 1986, 32).
Bibliografia
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Derrida J., «… soprattutto: niente giornalisti!», Castelvecchi, 2006
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Husserl E., Husserl – Vita, pensiero, opere scelte, Il Sole 24 Ore, 2007
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Perelman C. – L. Olbrechts Tyteca L., Trattato dell’argomentazione, Einaudi, 2001
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Popper K., Poscritto alla logica della scoperta scientifica, Il Saggiatore, 1994
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Stoppino M., voce Manipolazione, in Dizionario di Politica, a cura di Bobbio – Matteucci – Pasquino, UTET, 1996
Sabrina Peron, Avvocato in Milano – BRAINFACTOR Cervello e Neuroscienze http://brainfactor.it
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