La filosofia sperimentale è il tentativo di risolvere problemi filosofici utilizzando metodi empirici e l’estetica, branca della filosofia spesso tenuta a margine della ricerca filosofica, è entrata negli ultimi anni nel suo mirino. Uno dei primi tentativi di fondare l’estetica empiricamente, ed in particolare sulla psicologia, ha dato origine alla neuroestetica con i lavori del filosofo Christian Wolff. Tale disciplina, dalla sua comparsa nel diciottesimo secolo, ha visto il suo culmine nell’estetica sperimentale di Gustav Fechner.
Oggi la neuorestetica cerca di investigare l’esperienza estetica e la produzione artistica attraverso tecniche di indagine volte a mostrare il sostrato neurobiologico del gesto artistico e dell’apprezzamento estetico. Studiosi famosi in questo ambito di ricerca sono Livingstone, Ramachandran e Semir Zeki. Per quanto riguarda l’estetica, ci sono due modi di intendere gli scopi dell’odierna filosofia sperimentale. Alcuni pretendono che la filosofia sperimentale debba assolvere solo il compito di mettere alla prova empiricamente intuizioni filosofiche rilevanti. Altri credono invece che la filosofia sperimentale possa produrre non solo conferme o smentite a posizioni filosofiche autorevoli ma trainare la ricerca filosofica verso sempre nuove problematizzazioni e soluzioni.
La filosofia sperimentale dell’estetica ha indagato in anni recenti molti dei punti di vista sotto i quali può essere filosoficamente interessante la produzione artistica e la sua fruizione. Dal punto di vista etico si va studiando l’oggettività dei valori estetici, per quanto riguarda invece lo studio epistemologico dell’arte ci si chiede come si formano giudizi e credenze di natura estetica. Altri, abbracciando ricerche di filosofia della mente e del linguaggio, si interrogano circa l’origine e l’essenza dei concetti estetici e sul ruolo dell’immaginazione nella fruizione e produzione dell’oggetto d’arte.
Per quanto riguarda l’oggettività dei valori estetici un’importantissima ricerca è stata portata avanti da Florian Cova e Nicolas Pain nel 2012. I due ricercatori, nel loro studio, discutono l’idea secondo la quale i valori estetici hanno un grado di oggettività tale da poter essere fondamento della verità intersoggettiva dei giudizi estetici. In altre parole per giudicare esteticamente di qualcosa posso fare appello ad un’idea di bellezza, ad esempio, che mi assicura la verità del mio giudizio intersoggettivamente.
Nella loro situazione sperimentale Cova e Pain hanno chiesto a dei soggetti di determinare chi ha torto e chi ha ragione in determinate situazioni rappresentate tramite vignette. Quando le vignette rappresentavano persone in disaccordo su questioni fattuali i soggetti rispondevano dicendo che non potevano aver ragione entrambe, nel caso di questioni soggettive i soggetti rispondevano che nessuna delle due aveva ragione. Nel caso dei giudizi estetici la distribuzione di risposte dei soggetti era simile a quella che contraddistingueva situazioni del tutto soggettive.
Questo esperimento nega la tesi dell’oggettività dei giudizi estetici e anche la tesi kantiana che le persone trattino i giudizi estetici come se fossero universali benché meramente soggettivi. Sotto l’aspetto epistemologico la filosofia sperimentale dell’estetica si divide in due correnti principali. Quelli che credono in una spiegazione epistemologica realista credono che emettiamo giudizi estetici quando conosciamo il valore estetico di una determinata opera d’arte. Chi crede invece all’ipotesi irrealista pensa che la convergenza intersoggettiva su determinati giudizi di gusto relativi ad un’opera d’arte sia una questione principalmente sociologica e che poco ha a che fare con l’intrinseco valore estetico di un’opera d’arte.
Lo psicologo James Cutting in un articolo del 2003 ha dimostrato che l’apprezzamento estetico varia con la frequenza con la quale un soggetto viene in contatto con una determinata opera d’arte. Maggiore sarà la frequenza di esposizione ad un’opera d’arte maggiore sarà l’apprezzamento verso quell’opera rispetto ad opere d’arte che avrò osservato con minore frequenza. Questo risultato ha spinto Cutting ad affermare che la formazione di credenze e giudizi estetici ha una relazione molto esile con il valore estetico intrinseco di un’opera d’arte.
A tal proposito Aaron Meskin, Mark Phelan, Margaret Moore e Matthew Kieran hanno dato un’interpretazione diversa allo studio di Cutting. I ricercatori hanno messo in luce una debolezza dello studio precedentemente illustrato. Le opere usate da Cutting nell’esperimento sono tutte opere alle quali viene comunemente attribuito un grande valore estetico. Meskin e colleghi hanno allora provato a ripetere l’esperimento confrontando questa volta le reazioni dei soggetti all’esposizione a opere d’arte sia comunemente ritenute avere un grande valore artistico sia ad opere con un valore artistico basso. Contro l’interpretazione di Cutting, Meskin e colleghi hanno scoperto che la frequenza d’esposizione media l’apprezzamento per opere d’arte con buona cifra estetica, come nell’esperimento di Cutting, ma media anche l’indifferenza o la disapprovazione estetica nel caso di opere d’arte comunemente ritenute avere una bassa cifra estetica. Questa scoperta sperimentale sembra dunque essere favorevole all’ipotesi del realismo estetico.
Per via sperimentale, i filosofi dell’estetica stanno anche cercando di determinare in questi anni gli usi degli aggettivi estetici per mettere in luce il comportamento dei relativi concetti estetici. Liao e Meskin hanno scoperto in sede sperimentale che gli aggettivi estetici hanno un comportamento diverso sia dagli aggettivi comparativi relativi che dagli aggettivi comparativi assoluti, sebbene sembrasse in partenza che tra questi si dovesse cercare la collocazione dei giudizi estetici.
Conclusivamente sono da citare gli studi sull’immaginazione, ingrediente essenziale sia per l’apprezzamento estetico sia per la produzione artistica. Tra i più interessanti ci sono quelli sulla resistenza immaginativa (Liao, Strohminger, Sripada 2014, ad esempio) che si propongono di indagare quali sono i fattori estetici ma anche morali che impediscono ad un soggetto di prefigurare uno scenario particolare come possibile di fatto.
La filosofia sperimentale dell’estetica è una disciplina ancora molto lontana dal raggiungere la maggiore età, sia per ragioni anagrafiche che per la maturazione di metodi e contenuti. Tuttavia è una disciplina promettente e tra le sue promesse maggiori c’è quella di chiarire le ipotesi e le intuizioni che sono alla base dell’argomentare teoretico nell’estetica così come nelle altre discipline filosofiche.
Andrea Bucci
Bibliografia
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