Un’analisi fenomenologica del sogno apre il quadro delle indagini scientifiche sull’attività onirica e consente a differenti discipline di integrare le rispettive conoscenze empiriche. A partire da una visione fenomenologica ed ermeneutica dell’essere umano (essere-nel-mondo), cercheremo di delineare alcuni aspetti della struttura onirica, facendo dialogare tra loro alcune evidenze sull’argomento che provengono sia dalle scienze umane, sia dalle neuroscienze.
Fenomenologia del sogno
Sognare è un modo di essere-nel-mondo, quindi il comportamento vigile e l’attività onirica non sono due ambiti ontologici differenti, bensì due diversi modi di essere-nel-mondo (Heidegger, 2000). Nel sogno la persona mantiene un’identità specifica con se stessa (ipseità), e si riconosce come la stessa persona della veglia. Parimenti, il contenuto onirico riflette coerentemente i modi di essere-nel-mondo del sognatore. Questa affermazione è supportata da due ordini di evidenze, rispettivamente di tipo ontologico e scientifico.
Dal punto di vista ontologico vale quanto sopra accennato circa il mantenimento dell’ipseità (identità preriflessiva con se stessi che accade ogni volta). Riconoscersi come se stessi nel corso del sogno implica che al di là dell’assurdità o della sgradevolezza del nostro agire onirico, permane quella fondamentale componente di appartenenza a sé dell’esperienza (ipseità). Se così non fosse l’attività onirica risulterebbe fenomenologicamente indistinguibile dalla visione di un film.
L’indagine scientifica non può che confermare questa impostazione di fondo. Ad esempio, le persone che in seguito a una lesione cerebrale sviluppano una cecità per i volti tendono a non sognare più i volti (Solms, 2000; 1997). Inoltre, esiste una correlazione significativa tra i temi e i sentimenti prevalenti nel corso della veglia e quelli che occorrono nell’attività onirica. Quali sono però le differenze tra questi due modi di essere-nel-mondo?
La differenza tra i comportamenti onirici e quelli della veglia non consegue ai differenti stati di coscienza e/o alla neurofisiologia dell’organismo. La neurofisiologia dell’organismo è una delle condizioni di possibilità affinché si possa essere vigili, dormire o sognare, ma non istituisce questi differenti modi di essere-nel-mondo. Proprio perché l’essere umano è costitutivamente un essere-nel-mondo, la coscienza può svelare questa o quella specifica apertura di mondo nella quale l’essere umano ogni volta insiste. Proprio perché siamo in una specifica apertura di mondo – ogni volta – un certo tipo di attività organismica può consentirci di sentirla e di esserne coscienti (Liccione, 2012; Allegri et al., 2011; Petesi et al., 2011; Liccione et al., 2009).
Certamente, un organismo che ha smesso di funzionare non coglierà più alcuna apertura di mondo, ma nessuna attività biologica organismica può mai creare un’apertura di mondo, né istituirla. Bisogna essere in principio presso le cose, in un’apertura di mondo, e poi possiamo averne questa o quella forma di coscienza del nostro esistere in quella apertura (Liccione, 2012; 2011).
La differenza fondamentale tra essere-nel-modo del sogno ed essere-nel-modo della veglia è riconducibile al fatto che mentre nel secondo caso la persona è carnalmente presso le cose e quindi l’esperienza accade anche nei limiti della specifica apertura di mondo che ella ogni volta abita, nel primo caso l’esperienza è perlopiù slegata dalla coerenza interna che caratterizza la struttura intenzionale del nostro essere-nel-mondo. Inoltre, il sogno non è un fenomeno storico, e quindi non prevede quell’insieme di necessarie corrispondenze che legano i nostri accadimenti esistenziali.
Essere presso le cose nel modo della veglia e del sogno
Essere carnalmente presso le cose significa essere aperti alle possibilità d’azione e di passione del mondo ambiente che noi ogni volta abitiamo. Queste possibilità d’azione non sono soggettive, nel senso che dimorano nella testa o nelle braccia di un soggetto, ma sono appunto un insieme di aperture di azioni tra loro strutturalmente coerenti. Nessuno può passare attraverso il muro per uscire di casa, così come nessuno può trasferirsi da Torino a Milano in una frazione di secondo.
Allo stesso modo siccome i significati delle parole sono le possibilità d’azione che esse indicano in un mondo (il significato della parola computer è perlopiù l’esplicitazione dell’uso che si fa di questo strumento), e poiché il significato emerge sempre da una rete coerente di rimandi dotata di una sua storica consistenza interna, quando siamo presso le cose nel modo d’essere della veglia, gli oggetti, le parole e quindi i significati ci si impongono secondo una coerenza che prescinde perlopiù dalle nostre attribuzioni di senso. Nel modo di essere onirico, mancando questa presenza carnale presso le cose, possono venire meno sia la coerenza interna delle possibilità d’azione di quella specifica apertura di mondo che ogni volta viviamo, sia il senso e il significato di queste possibilità d’azione.
Il sogno non è un fenomeno storico
Ogni sognare è un essere-nel-mondo e può avere in sé una certa storia, ma chi sogna non dispone di una possibilità di ritorno nella stessa cosa onirica. Si sogna l’uguale ma non lo si sogna ulteriormente (Heidegger, 2000, pag. 323). Gli accadimenti della vita vigile si caratterizzano per la loro essenziale storicità. Così, l’evento «falciare il prato di casa» diciamo essere il medesimo evento il lunedì mattina e il martedì mattina. Medesimo non vuol dire identico, vuol dire che martedì mattina posso continuare l’attività di falciare il prato che non avevo concluso il giorno prima. Nei sogni non vi è mai un ritorno al medesimo, al massimo può esserci un ritorno all’uguale, come nei sogni stereotipi.
Il sogno dell’altra notte non è mai la prosecuzione storica del sogno di due notti addietro! Ogni sogno è una storia a sé, sebbene risulti possibile sognare l’uguale, ad esempio sognare più volte lo stesso tema, ma sempre in sogni diversi. I sogni lucidi, proprio per la loro differenza strutturale rispetto all’attività onirica, possono collocarsi in una via di mezzo rispetto al ritorno al medesimo e all’uguale.
Appunti neuroscientifici
La neuroscienza cognitiva, indagando i correlati neurali dell’attività onirica, ha prodotto diverse conferme empiriche al quadro teorico sopra delineato, con particolare riferimento alla diminuzione di «presenza» presso le cose che caratterizza il nostro essere-nel-mondo (Liccione, 2012; Allegri et al, 2011). Ad esempio, i report onirici sono ricchi di percezioni visive (colori, figure geometriche, volti ecc.), e molto poveri di sensazioni tattili, gustative e di odori. Anche il dolore e il piacere fisico appaiono poco frequenti (Hobson, 2009; 1988).
Allo stesso modo, le capacità riflessive che caratterizzano la possibilità di riconfigurare l’esperienza nel corso della veglia, e quindi accordano all’individuo la possibilità di sviluppare e mantenere l’identità narrativa appaiono molto fragili e superficiali (Hobson, 2000). Infine, la presenza di bassi livelli d’integrazione esperienziale e narrativa è confermata dall’ipoattivazione delle aree cerebrali deputate alla organizzazione temporale dei ricordi (es.: corteccia pre-frontale, vedi: Maquet et al., 1996; Nofzinger et al., 1997; Braun et al., 1998; 1997).
La comprensione dell’attività onirica
L’appartenenza del sogno al mondo della veglia implica che nessun significato onirico può manifestarsi «oltre» e «in assenza» della storia di vita del sognatore. In altri termini, nessuna spiegazione causale o motivazionale dell’attività onirica può essere possibile se si prescinde dalla specifica storia di vita che l’ha generata. Questo è un presupposto pre-teorico, ossia vale per qualunque teoria scientifica con la quale si voglia comprendere il comportamento onirico.
Inoltre, non è necessario ipotizzare che l’attività onirica possieda qualche valore psicologico specifico per utilizzare il sogno nell’attività clinica. La variabile fondamentale che fa del sogno un comportamento psicologicamente significativo è l’impatto emotivo che esso genera nel sognatore. In quest’ottica, solo alcuni sogni «dicono» qualcosa e ha quindi senso analizzarli in psicoterapia.
Sulle modalità di analisi del sogno ci permettiamo di rimandare a Liccione (2005); si tratta di un contributo che pur essendo stato scritto alla luce di un superato background costruttivista, presenta delle strategie di intervento sull’analisi onirica del tutto assimilabili con l’attuale sfondo ermeneutico-fenomenologico della teoria cognitiva neuropsicologica (Liccione, 2011).
Prof. Davide Liccione
Università degli Studi di Pavia, Scuola Lombarda di Psicoterapia
Dott. Diego Liccione
Università degli Studi di Pavia, Scuola Lombarda di Psicoterapia, IPRA di Roma
Dott. Nicola Allegri
Università degli Studi di Pavia, Scuola Lombarda di Psicoterapia
Riferimenti Bibliografici
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- Solms, M. (2000) Dreaming and REM sleep are controlled by different brain mechanisms. Behav. Brain Sci. 23, 843–850.
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