“Se la vetusta dicotomia tra effetti genetici ed effetti ambientali riempie da decenni le pagine di giornali e riviste, un argomento come la pulsione sessuale – ovvero quanto questa sia istintiva o condizionata, se non repressa, dalla storia dell’umanità o dalle biografie sessuali di donne e uomini – è ancora pruriginosamente attuale”. Così Enrico Alleva introduce il nuovo “saggio sulla passionalità” di Robert M. Sapolsky: “Lei lo chiama Monkeyluv …amore di scimmia” (Muzzio Editore, 2010).
Sapolsky – dice Alleva – è una “figura vulcanica ed enigmatica di scienziato olistico del Terzo Millennio, nasce in quella Rockefeller University situata al 1230 di York Avenue, culla della più bizzarra ma importante neuroscienza comportamentale dell’ultimo secolo dove lavorò, impiantando un’importante scuola di biologia evoluzionistica del comportamento, anche Donald Griffin“.
E’ da queste riflessioni “eco-fisio-etologiche sulla gerarchia anatomica e funzionale delle finestre sensoriali che nasce il grande interrogativo delle scienze del comportamento comparato: gli animali non umani posseggono davvero autoconsapevolezza e dunque coscienza”?
Sarà Carolyn A. Ristau, allieva di Griffin, a produrre un’esplosiva raccolta di saggi in cui “si riconosce a larga maggioranza da parte dei massimi esperti che anche altre specie oltre all’Homo sapiens sapiens sono equipaggiate di un accessorio definibile come Mente”: da quel momento in poi “l’argomento mente animale sarà definitivamente inscritto nella storia pervicacemente riduzionista della scienza occidentale”.
Sapolsky si forma in questo turbinoso passaggio epocale delle scienze del comportamento. “Tutte le sue opere, e questa non fa eccezione – sottolinea Alleva -, ruotano perciò attorno al concetto di quanto del comportamento umano sia ineluttabilmente scritto nel genotipo più o meno normale o difettoso di un essere umano e quanto invece sia dovuto a epigenetici effetti causati dalle ‘biografie’, cioè dagli eventi esistenziali del singolo individuo”.
In questo saggio, pubblicato in USA nel 2005, tradotto in italiano e disponibile oggi grazie a Muzzio Editore, Sapolsky “racconta come il livello di suscettibilità allo stress e il grado di timidezza nel topo dipendano, quasi completamente, dalle condizioni psicofisiologiche della madre durante lo sviluppo del feto, non dal corredo genetico né dalle caratteristiche ambientali successive al parto”.
Nella prima parte si affronta il tema della dicotomia gene-ambiente e viene analizzato il rapporto, “naturalmente difficile”, tra uomini e donne, per poi affrontare uno dei temi più dibattuti nell’ambito della selezione sessuale: i criteri sui quali si baserebbe la scelta femminile nell’individuazione del partner sessuale e la loro solidità scientifica.
Nella seconda parte Sapolsky passa in rassegna le molteplici modalità con cui gli ormoni influenzano la percezione di sé, i comportamenti e il rapporto con altri esseri umani. L’ultima parte amplia il quadro d’indagine, portandolo a livello di comunità: ci parla dei meccanismi che consentono la nascita e il consolidarsi (e qui avrebbe un ruolo la Teoria dei Giochi) della cooperazione tra individui, della globalizzazione culturale e delle sue origini atropo-ecologiche.
Questo libro – conclude Alleva – sarà utile riflessione per chiunque si chieda cosa gli passa per la testa quando si innamora, sogna, vive una situazione stressante o non riesce a dominare l’attrazione per il gioco d’azzardo o quell’impeto bestiale che permane dopo uno scoppio d’ira. Per i genitori, i nonni e gli zii preoccupati per quelle tempeste ormonali che imbizzarriscono il comportamento degli adolescenti. Per le mogli gelose, i mariti sospettosi, i docenti che non riescono a padroneggiare la curiosità e soprattutto l’attenzione degli studenti per le loro lezioni, dagli asili ai dottorandi di ricerca”…
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