Nagel e il limite dell’esperienza soggettiva

Thomas Nagel nel 1974 pubblica un saggio dal titolo What is it Like to Be a Bat? che avrà grande fortuna nel dibattito in filosofia della mente. Nagel produce in questo saggio una scorribanda epistemologica che finisce per avere delle ricadute nello scontro tra posizioni riduzioniste e antiriduzioniste del mentale.

Tutti noi sappiamo perfettamente che cosa significa essere se stessi, ognuno di noi ha coscientemente accesso alla propria soggettività. Ma cosa dire quando si tratta della soggettività cosciente di forme di vita molto differenti dalla nostra? Non è chiaro per Nagel, in alcun senso, come si possa vestire i panni del’esperienza soggettiva di tali forme di vita.

Per quanto possiamo studiare a fondo la neurofisiologia degli organi di senso e del sistema neurologico di una forma di vita lontana dalla nostra, noi non potremmo mai sapere che cosa significa essere soggettivamente quella forma di vita. Il problema risiede nel fatto che la prospettiva in terza persona non può arrivare a descrivere fenomeni soggettivi che possono essere vissuti esclusivamente in prima persona.

Dato questo risultato l’argomento si rivolge direttamente alla possibilità di una vera e propria riduzione del mentale al fisico, anche nel caso degli esseri umani, poiché anche in questo caso le prospettive di indagine epistemologica della scienza e quelle date dal vissuto soggettivo di un individuo sono anch’esse una in terza persona, l’altra in prima.

Mentre per altri fenomeni fisici maggiore è la distanza dalla descrizione individuale maggiore è il grado di obbiettività che una teoria raggiunge su quei fenomeni, nel caso dell’esperienza cosciente soggettiva, più il discorso diventa oggettivo nell’ambito degli studi neurobiologici maggiore è la distanza dal fenomeno che genuinamente si vorrebbe cogliere.

C’è tuttavia da fare un’osservazione. Quando si tratta di altre forme di vita l’argomento epistemologico di Nagel sembra mantenere la propria validità poiché diventa inimmaginabile come debba essere un resoconto in prima persona di un soggetto con una neurofisiologia lontana dalla nostra.

Quando invece si discorre delle posizioni riduzioniste e antiriduzioniste per l’essere umano, noi abbiamo la possibilità di descrivere l’esperienza umana in prima persona e contemporaneamente i fenomeni fisici neurobiologici. Qui, piuttosto di un’impossibilità di fatto nel coniugare il punto di vista in prima persona e quello in terza persona, si tratta di operare una rivoluzione copernicana sul modo di descrivere i fenomeni fisici rispetto a quelli soggettivi.

Il limite sondato da Nagel nel caso degli esseri umani potrebbe essere un limite contingente al modo in cui le neuroscienze articolano il loro discorso qui ed ora. D’altra parte chi indaga la mente e la soggettività umana si trova nella posizione privilegiata nella quale sono a disposizione sia la descrizione della fenomenologia soggettiva sia l’indagine teoretica di carattere scientifico.

Nagel a tal proposito scrive “L’inadeguatezza delle ipotesi fisiche che assumono un’analisi oggettiva errata della mente non prova un bel nulla. Sarebbe più esatto dire che il fisicalismo è una posizione per noi incomprensibile perchè al momento non abbiamo un’idea di come possa essere vero.”

Andrea Bucci

Bibliografia

  1. Thomas Nagel (1974). What is It Like to Be a Bat? Philosophical Review 83 (October):435-50.
  2. Amy Kind (2011). Nagel’s “What is It Like to Be a Bat” Argument Against Physicalism. In Michael Bruce & Steven Barbone (eds.), Just the Arguments: 100 of the Most Important Arguments in Western Philosophy. Wiley-Blackwell
  3. Kathleen Wider (1990). Overtones of Solipsism in Thomas Nagel’s “What is It Like to Be a Bat?” And the View From Nowhere. Philosophy and Phenomenological Research 50 (3):481-499.
  4. Bruno Leclercq (2010). What is it like to be a bat ? Phénoménologie « à la troisième personne » de Wittgenstein à Dennett. Bulletin d’Analyse Phénoménologique 2: La nature vivante (Actes n° 2).

Image credits: Shutterstock

 

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