“Sebbene diverso dal pattern di attivazioni cerebrali correlato all’amore romantico, il pattern dell’odio condivide con quest’ultimo due aree del cervello: l’insula e il putamen”.
Così Semir Zeki dell’University College di Londra (UCL) riassume i singolari risultati del suo ultimo studio sui “correlati neurali dell’odio”, pubblicati oggi sulla rivista open access Plos One (Zeki S, Romaya JP, Neural Correlates of Hate, PLoS ONE 3(10) 2008).
In un disegno a blocchi con risonanza magnetica funzionale (fMRI), Zeki e i colleghi dell’UCL hanno misurato le attivazioni cerebrali di 17 soggetti umani sani mentre osservavano una serie di volti di persone per le quali provavano odio e succevvivamente un’altra serie di volti verso i quali erano indifferenti.
Alla vista dei volti odiati i ricercatori hanno registrato un aumento di attivazione cerebrale nel giro frontale mediale, nel putamen dell’emisfero destro, nella corteccia premotoria di entrambi gli emisferi, nel polo frontale e bilateralmente nell’insula. Tre regioni inoltre correlavano lineramente con i dichiarati “livelli di odio”: l’insula dell’emisfero destro, la corteccia premotoria di destra e il giro frontale mediale destro. Un’area di deattivazione invece è stata trovata nel giro frontale superiore destro.
Lo studio – conclude dunque Zeki – dimostra che nel cervello vi è un unico pattern di attivazione nel contesto dell’odio e che, sebbene diverso dal pattern di attivazione correlato all’amore romantico, il pattern dell’odio condivide con quest’ultimo due aree del cervello, l’insula e il putamen.
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