Oxford Cognitive Screen, intervista a Mauro Mancuso

Mauro Mancuso è medico chirurgo, direttore della Clinica di Riabilitazione Toscana, presso l’Ospedale S. Maria alla Gruccia (AR), e insegna Riabilitazione Neurologica presso l’Università degli Studi di Siena e Riabilitazione Neuropsicologica presso l’Università di Pisa. Specializzato in neurologia, e in medicina fisica e riabilitativa, si occupa principalmente di riabilitazione neurologica di pazienti con esiti di patologie cerebrovascolari e di gravi cerebrolesioni acquisite. Nella sua attività di ricerca tratta principalmente i temi della riabilitazione e della tele-riabilitazione delle funzioni cognitive, con particolare attenzione per il neglect, l’aprassia e la comunicazione non-verbale.

Recentemente, ha coordinato uno studio multicentrico per la standardizzazione di uno strumento di screening per la valutazione dei disturbi cognitivi in pazienti con ictus: l’Oxford Cognitve Screen (OCS), sviluppato dall’Università di Oxford e reso pubblico nel 2015 (Demeyere et al., 2015). In Italia il test è disponibile da circa due anni (Mancuso et al., 2016). Strumento di screening per la valutazione dei disturbi cognitivi in pazienti con ictus in fase acuta, è un test breve ma informativo, di facile somministrazione e correzione, che permette di avere velocemente un quadro dei domini cognitivi preservati e compromessi. È uno strumento “dominio-specifico”, che non penalizza pazienti afasici o con neglect, fornisce un quadro visivo e immediato del profilo cognitivo del paziente nei cinque principali domini: attenzione, memoria, aprassia, numeri e linguaggio.

La versione italiana del test, unitamente ai dati normativi di riferimento, può essere scaricata gratuitamente dal sito web www.centroriabilitazioneterranuova.it, con licenza dell’Health Outcomes Team at Oxford University, che ne detiene il copyright e ne monitora la diffusione. Brainfactor ha intervistato il Professor Mancuso sull’introduzione in Italia di questo nuovo strumento neuropsicologico e su alcune altre innovazioni portate avanti dal suo gruppo di ricerca, come la tele-riabilitazione.

Prof. Mauro Mancuso

Professor Mancuso, da cosa nasce la necessità di un nuovo strumento di screening per la valutazione delle funzioni cognitive? Quali sono gli elementi di novità rispetto ad altri test attualmente in uso, come ad esempio il MMSE e il MoCA?

La necessità di avere un nuovo strumento di screening per la valutazione delle funzioni cognitive in fase acuta nasce dal bisogno di fare velocemente un inquadramento dei disturbi cognitivi del paziente con ictus. Questa è fondamentale per poter definire sin dalle prime fasi di trattamento riabilitativo come la dimensione cognitiva debba essere trattata nella maniera più appropriata. Inoltre, questa conoscenza ci consente anche di spiegare in maniera plausibile alcuni comportamenti del paziente. Rispetto agli strumenti come il MMSE o il MoCA, la OCS si qualifica per essere stata costruita specificamente per lo studio dei disturbi cognitivi nei pazienti con ictus in fase acuta. Gli altri due test, infatti, sono stati pensati per lo studio delle funzioni cognitive in pazienti con patologie involutive e quindi mal si adattano alla valutazione dei disturbi cognitivi nei pazienti con ictus. In particolare, questi due test non riescono a rilevare in maniera corretta disabilità cognitive come l’afasia e il neglect.

Come è stata l’accoglienza del test da parte dei clinici che si occupano di patologie cerebro-vascolari e disturbi cognitivi? Pensa che si potrebbero incontrare degli ostacoli alla diffusione del test?

Il test è stato accolto in Italia molto bene perché molto semplice sia da somministrare che da correggere. Inoltre, sono disponibili dati normativi italiani e questo consente di fare una valutazione molto precisa della disabilità cognitiva. Tutti quelli che hanno iniziato ad adoperarlo hanno subito apprezzato la duttilità dello strumento, utilizzabile anche nelle fasi acute della patologia, tanto che si può utilizzare già dopo la terza giornata. L’adesione di numerosi gruppi di lavoro ai diversi progetti di ricerca multicentrici e la continua richiesta di invio del materiale per la somministrazione del test credo che siano solide testimonianze della accettazione di questo test.

Per la somministrazione del test è necessaria una specifica formazione? Sono disponibili dei manuali o dei corsi per prepararsi all’uso del test nella versione italiana?

Abbiamo provveduto a mettere on-line anche il manuale in italiano e la facile somministrabilità del test non necessita obbligatoriamente di una formazione. Tuttavia, noi così come altri colleghi siamo disponibili ad ospitare i colleghi che vogliono imparare la somministrazione del test: è sufficiente mandare un’e-mail all’indirizzo m.mancuso62@gmail.com per accedere alla struttura e fare un breve tirocinio per l’addestramento all’uso della OCS. La fornitura dei materiali e l’accesso per l’addestramento solo ovviamente totalmente gratuiti.

Data la validità dello strumento per pazienti con ictus, Lei e il Suo gruppo di ricerca prevedete di continuare con la standardizzazione per altre popolazioni cliniche? Ritiene che si potrebbe intraprendere questa strada per candidare l’OCS come gold standard dello screening dei disturbi cognitivi?

I vantaggi che lei ha appena indicato, ovvero la possibilità di confrontare i risultati del paziente con dati normativi italiani, la possibilità di correggere rapidamente il test, nonché la possibilità di avere uno snapshoot che visualizza rapidamente la condizione delle funzioni cognitive studiate sono già elementi che rendono l’OCS molto appropriato per lo studio delle funzioni cognitive del paziente con ictus. Tuttavia, la dimostrazione che la OCS possa essere il gold standard per lo screening dei disturbi cognitivi prevede un percorso complesso che abbiamo già iniziato ma che è ancora piuttosto lungo. Con i colleghi di Oxford stiamo lavorando per migliorare le qualità psicometriche della scala ipotizzando di fare un’analisi fattoriale che ci consenta di avere dei punteggi globali per singolo dominio cognitivo.

Nella sua produzione di ricerca, clinica e didattica troviamo diversi lavori sulla tele-medicina e sulla tele-riabilitazione. Si è occupato in prima persona di tele-riabilitazione proponendo un trattamento via Web: può spiegarci brevemente in cosa consiste e quali sono i vantaggi rispetto alla riabilitazione tradizionale?

Abbiamo condotto una prima esperienza di trattamento delle funzioni cognitive per pazienti con esiti di trauma cranico che ci ha consentito di osservare come il trattamento di funzioni cognitive come l’attenzione e la memoria direttamente a casa del paziente ci consente di offrire il trattamento riabilitativo nelle migliori condizioni per il paziente. Mi riferisco in particolare al fatto che il paziente, stando presso il proprio domicilio, partecipa alle sedute riabilitative nelle migliori condizioni di attenzione, evitato uno spostamento verso il centro di riabilitazione che spesso risulta assai faticoso per il paziente tanto da esaurire il buffer attenzionale. Inoltre, la permanenza al domicilio del paziente ci consente di interrompere il trattamento quando il paziente ha esaurito la sua capacità attenzionale e di riproporre semmai una seconda sessione di trattamento non appena la sua attenzione gli consenta di partecipare nuovamente alla seduta riabilitativa. L’alternativa allo spostamento del paziente dal proprio domicilio verso la sede ambulatoriale consiste nell’ inviare il terapista al domicilio, con un ovvio relativo impegno di risorse.

Qual è il ruolo del caregiver nell’attuazione di questa tipologia di intervento? Il coinvolgimento del paziente e della sua famiglia nel programma ha ricadute in termini di migliore efficacia dell’intervento?

Ovviamente la soppressione dello spostamento del paziente consente un minore impegno del caregiver, che può ovviamente impegnare queste risorse in altre attività. La maggior efficacia dell’intervento è verosimilmente riconducibile al fatto che l’interazione con il paziente durante le sedute riabilitative può essere modulata sulle sue reali capacità personali, che non vengono esaurite dalle operazioni di transfer che delle volte possono essere anche molto lunghe. Infine, va ricordato che durante il trattamento è possibile condividere con più membri della famiglia obiettivi e modalità di approccio ed è possibile incontrare virtualmente più elementi della famiglia che non sempre sono disponibili a trasferimenti verso l’ambulatorio.

Attualmente sta seguendo o prevede di intraprendere altri progetti sulla tele-riabilitazione dei disturbi cognitivi?

In questo momento i due progetti che abbiamo condotto per capire quali fossero i reali vantaggi nel trattamento della riabilitazione sono conclusi ma, visti i risultati positivi, prevediamo presto di proporre questo approccio riabilitativo come servizio offerto dal servizio sanitario regionale.

Spesso il passaggio delle conoscenze dal laboratorio di ricerca alla pratica clinica è un percorso lungo e difficoltoso. Tele-riabilitazione e arti robotici sono tecniche destinate a essere utilizzate solo nei laboratori all’avanguardia o potremo vederle presto anche nelle nostre cliniche? Com’è la sua esperienza?

Il tema della ricerca dell’innovazione tecnologica in ambito clinico è un tema che mi ha sempre interessato molto e con l’esperienza devo dire che i gruppi che fanno clinica ma che si interessano anche di ricerca riescono spesso a migliorare notevolmente la loro modalità di effettuare la clinica. Certo, stiamo parlando di ricerca clinica che deriva dalla ricerca sperimentale, perché si sforza di tradurre in applicazioni cliniche conoscenze maturate in ambito accademico. Alcuni aspetti della ricerca quindi hanno una facile transnazionalità sia perché sono facilmente intuitivi, e quindi rapidamente trasferibili in un contesto clinico, sia perché non prevedono costi eccessivi che anche l’ambito clinico può evidentemente permettersi. Mi riferisco ovviamente all’approccio della tele-riabilitazione, che necessita di strumentazioni di facile reperibilità di bassissimo costo, ma anche strumentazioni di pari caratteristiche come la stimolazione elettrica transcranica. Il tema si complica quando invece si parla di applicazioni robotiche, dove oltre all’assenza di chiare evidenze scientifiche si devono affrontare dei costi che, essendo di diverse decine di migliaia di euro, al giorno d’oggi sono sovente incompatibili con la disponibilità del servizio sanitario nazionale

Lei ha lavorato in Italia, collaborando con gruppi di ricerca internazionali. A che punto sta il nostro Paese nel campo della valutazione neuropsicologia e della riabilitazione dei disturbi cognitivi? Consiglierebbe a un giovane professionista di restare in Italia?

Credo che la formazione che riceviamo nelle nostre università italiane sia senza dubbio una delle migliori al mondo e ne abbiamo prova quando ci confrontiamo con i colleghi di altri Paesi nel mondo. I nostri specialisti sono apprezzati e ricercati in tutti i laboratori del mondo proprio per la loro preparazione teorica e per la loro capacità applicativa in ambito clinico. Di questo ci rendiamo conto soprattutto quando andiamo all’estero, del quale invece apprezziamo il pragmatismo, la disponibilità di investimento nell’ambito della ricerca e la valorizzazione dell’impegno individuale. La neuroriabilitazione in Italia raggiunge indubbiamente livelli altissimi e quando ci confrontiamo con i colleghi stranieri spesso doniamo più di quanto riceviamo. Quello che consiglio quindi a un giovane professionista è di insistere nella propria nazione, di cercare la propria strada nei molti centri di neuroriabilitazione, rendendosi disponibile semmai ad avere contatti di collaborazione con l’estero, che da un canto ci consente di valorizzare molto la nostra competenza nazionale e dall’altro ci insegna il valore del pragmatismo e dell’impegno individuale.

Eloisa Iellici

Bibliografia:

  1. Demeyere N, Riddoch MJ, Slavkova ED, Bickerton W-L, & Humphreys GW. (2015). The Oxford Cognitive Screen (OCS): Validation of a stroke-specific short cognitive screening tool. Psychological Assessment, 27(3), 883–894.
  2. Mancuso, M., Varalta, V., Sardella, L., Capitani, D., Zoccolotti, P., Antonucci, G., & Italian OCS Group. (2016). Italian normative data for a stroke specific cognitive screening tool: the Oxford Cognitive Screen (OCS). Neurological Sciences, 37(10), 1713-1721.

Featured Image Credits: Andrei_R, Doctor and patient are discussing. Shutterstock.com

 

Be the first to comment on "Oxford Cognitive Screen, intervista a Mauro Mancuso"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.