Paura: tra il dire e il fare…

Paura: tra il dire e il fare...Due uomini si parlano al telefono, la conversazione è concitata, la situazione è di pericolo: alcune persone sono già morte… Uno dei due uomini impartisce ordini chiari e determinati, l’altro sembra non capire, lascia prevalere la paura ed ha già abbandonato la nave e i passeggeri. Conosciamo il resto della storia e lasciamo a chi di dovere giudicare azioni e reazioni. Cos’è la paura e come spinge le persone a reagire in modo così differente?

Perché a volte crea l’eroe e in altre occasioni rende vigliacchi e paralizzati? Si può vincerla o solo controllarla? Ci si abitua alla paura? L’uomo deve difendersi e tra i suoi meccanismi la paura è il più antico e il più affinato. In natura senza la paura non c’è sopravvivenza: un animale che non ha paura dell’altro non scapperebbe tentando di salvarsi. Questo tipo di paura è quella che preserva uomini e animali dall’incorrere nei pericoli peggiori e a reagire di conseguenze. Definirei questa paura “buona” perché ci aiuta ad affrontare gli eventi con maggiore prudenza e attenzione evitando gli errori peggiori e stimolandoci a migliorare. È anche vero che quando si è particolarmente paurosi al punto da crearci delle autolimitazioni senza un vero motivo, si cerca di intervenire attraverso percorsi psicologici o pedagogici. Non si nasce paurosi, ma lo si può diventare e questo vale anche per gli impavidi.

Il problema nasce quando non ha senso avere paura: intorno non esiste un pericolo concreto, tutto procede secondo la normalità eppure “scatta la molla” e la paura degenera in panico.

Il nostro senso della paura ha tre origini: la prima è di tipo fisico-biologico, la seconda caratteriale e psicologico, la terza culturale e sociale: è possibile intervenire sugli ultimi due fattori, ma non nel primo, l’aspetto fisico-biologico, legato a fattori genetici. Questo aspetto, anche se esistente, secondo molti scienziati sarebbe riduttivo perché sarebbe come ammettere che si nasce paurosi; ma non si può nemmeno escludere che geneticamente si sia più o meno propensi ad avere paura. Ed è per questo che un ruolo fondamentale viene giocato dagli altri due aspetti dove con quello caratteriale e psicologico si intende la personalità dell’individuo che si dice venga forgiata entro il terzo anno d’età. È vero che se suddividiamo le persone in introversi ed estroversi, i primi di certo non brilleranno nell’affrontare le paure, anzi tenderanno a farsi scudo della loro timidezza per evitare di affrontare i problemi o fare in modo che altri lo facciano per loro.

È qui che interviene il terzo fattore, quello culturale e sociale. Infatti una persona ben inserita in un contesto sereno e armonico ha la possibilità di conoscere i propri limiti e affrontarli con l’aiuto e l’esperienza dei più grandi. Vincere le paure non significa utilizzare pedissequamente la sperimentazione altrui su se stessi, ma il dialogo sereno e l’esempio possono essere di conforto in una ricerca profonda. Le amicizie aiutano a forgiare il carattere e la condivisione dei problemi, favoriscono la crescita e la maturazione di gruppo. Si impara che nella vita non si è soli ed è possibile contare sulla rete delle conoscenze per poter strutturare piani d’azione e soluzioni pratiche ai problemi. Questo certo non elimina la paura, ma ne attutisce i sintomi, dissolvendola e creando un effetto placebo sapendo che nelle difficoltà c’è la certezza di avere un sostegno.

È anche un bene che si riescano a vincere le paure con le proprie forze. Questo secondo molti studi aumenta la possibilità di creare persone sicure, che al di là del momento di sconforto o di stress sanno farsi forza, trovando le risorse per agire in modo determinato. Nella maggior parte delle attività una dose di paura permette di creare l’esperienza. Dopo l’insicurezza iniziale la persona riesce a sperimentare da sola le situazioni acquistando padronanza fino a poter, un giorno, insegnare ad altri trasferendo competenze e scoperte. È il caso di scienziati e chirurghi che di certo non sono andati a cuor sereno al loro primo intervento, ma anche di tutti coloro che svolgono lavori di responsabilità o anche insegnanti al loro primo giorno di insegnamento (un amico, oggi professore universitario di grande esperienza spesso mi racconta sorridendo del terrore della sua “prima lezione accademica”). Ci sono poi mestieri in cui si deve imparare a convivere con la paura, o meglio a farne una parte importante della propria attività: parlo delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco, dei soccorritori. Queste persone hanno dovuto fare esperienza della paura per saperla controllare e per conviverci apertamente insegnando al loro corpo e alla loro mente a reagire.

Anche i militari in missione ricevono un addestramento particolare e spesso sono seguiti da esperti anche parecchi anni dopo il loro rientro. Allo stesso modo, dalla scuola di polizia a quella della marina militare, il carattere delle persone viene esaminato attraverso selezioni che permettono di comporre reparti speciali dove l’insegnamento di come gestire le emergenze aiuterà le persone a reagire nel modo giusto di fronte all’imprevisto. Tutto questo rientra nell’aspetto culturale come le esercitazioni settimanali dei bambini giapponesi che imparano i comportamenti più utili in caso di terremoto. E’ un allenamento che iniziando fin da piccoli permette sicuramente di limitare il numero delle vittime anche nelle situazioni più devastanti. L’obiettivo è abituare il corpo a reazioni spontanee ma nello stesso tempo automatiche sapendo che nell’eterna lotta della vita c’è sempre una situazione da affrontare e che la differenza dipende da come la si affronta.

Nel counseling, molto spesso, le persone mi parlano delle loro piccole e grandi paure. In questo momento storico fatto di dubbi, incertezze e insicurezze la paura sembra farla da padrona paralizzandoci in un eccesso di prudenza o di sfiducia nelle proprie capacità.
Sono le classiche paure della malattia o della morte, della solitudine, dell’abbandono o di restare disoccupati. Sono le paure normali di gente normale che non vuole di certo lanciarsi col paracadute, ma vuole poter arrivare sul posto di lavoro senza dover temere il proprio capo o le invidie dei colleghi. Il counseling aiuta in questo processo di educazione e di formazione alla gestione delle situazioni che non permettono serenità nell’affrontare la vita quotidiana. Quando la paura diventa ansia e non ci permette di prendere un aereo, un ascensore o ci impedisce di stare con gli altri, allora per il counseling è troppo tardi e si deve intervenire in modo più complesso e massiccio rimuovendo spesso blocchi molto antichi, situazioni ancestrali che solo professionisti della salute sanno e possono fare.

In ogni caso credo che per vincere le piccole paure quotidiane sia importante:

  • avere consapevolezza che non si può non avere paura;
  • accettare  i propri limiti non come una sconfitta, ma come un punto di partenza;
  • capire le ragioni profonde e i contesti che ci legano a quella paura e vivere con serenità sensazioni, emozioni e sentimenti che ne derivano;
  • costruire piccole abitudini che ci allenino a gestire le paure;
  • avere la consapevolezza di quando queste paure iniziano a travalicare la normalità, non esitare a chiedere l’aiuto del proprio medico e di professionisti della salute specializzati.

E qui ritorniamo alla vicenda iniziale della mia narrazione. Tra gli uomini di mare girano molte storie, alcune vere altre leggendarie. È certo che capitani impadividi hanno respinto arrembaggi e altri hanno messo a dura prova i loro equipaggi superando marosi e tempeste, ma una legge li accomuna tutti, in pace come in guerra: la solidarietà. Il mare, come la montagna o le calamità naturali in genere mettono a nudo le nostre debolezze, rendendo evidente quanto abbiamo bisogno l’uno dell’altro per poter vivere o sopravvivere. Ma come i vecchi proverbi ci insegnano, tra chi scappa per paura e chi la governa aiutando chi è in pericolo, c’è proprio di mezzo… “il mare”  e mai proverbio è stato per me più azzeccato.

Paolo G. Bianchi
Antropologo, Counselor

Bibliografia

  1. Laura M. Rocchetti, “La paura. Un sentimento dai mille volti”, Miele Editore, 2011
  2. Danilo Zolo, “Sulla paura”, Feltrinelli, 2011
  3. AAVV, “Voci dalla paura”, Franco Angeli, 2011
  4. Carola Barbero, “Chi ha paura di Mr Hide”, Nuovo Melangolo, 2010

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