Pnei Review, nuova rivista Sipnei

“Depressione, si cambia! L’epoca della monoterapia farmacologica della depressione va dichiarata conclusa. Va aperta l’era della cura integrata”. Così si apre il primo numero di Pnei Review, nuova rivista della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia (Sipnei), che in un manifesto in sette “punti di orientamento” fissa la posizione della società sulla cura della depressione, a cui è dedicato l’intero numero nella forma di monografia.

“Medici di base e psichiatri dovrebbero far presenti i limiti del trattamento farmacologico soprattutto nel lungo periodo”, così come “gli psicoterapeuti dovrebbero far presenti i limiti della psicoterapia e lavorare per sorreggere il cambiamento nei fondamenti della vita: gestione dello stress, dieta, attività fisica, uso dei farmaci”. Entrambi devono “proporre un trattamento integrato”. Questo il senso dello statement Sipnei sulla depressione, controfirmato a sei mani da Francesco Bottaccioli (direttore della nuova rivista), David Lazzari (presidente della società) e Marina Risi (vicepresidente).

La depressione va affrontata in un modo diverso già in fase di diagnosi, perché “ogni operatore dovrebbe realizzare una valutazione della persona nella sua interezza, con strumenti biomedici e psicologici integrati in un modello”, quello “Dipnei, ovvero della diagnosi integrata secondo il paradigma della psico-neuro-endocrino-immunologia”. L’asse centrale della cura dovrà “fondarsi sulla gestione psicologica e dello stress tramite psicoterapia e tecniche antistress e meditative”. In merito ai farmaci, “ne andrà fatto un uso circoscritto e attivamente ricercate e adattate alla singola persona proposte di sostituzione con approcci meno invasivi scientificamente affidabili”. Quali? “Agopuntura, fitoterapia e altre metodiche complementari convalidate”, dice la Sipnei.

Il terapeuta sarà “un promotore attivo del cambiamento delle basi della vita della persona, fornendo indicazioni scientifiche su dieta, attività fisica, condizioni socio-ambientali”. Già, perché i “determinanti sociali” hanno un ruolo di rilievo in questo disturbo, come sottolinea Anna Marigliano in un bell’articolo che fa un quadro storico e mette a fuoco gli avanzamenti nello studio del rapporto fra stato socio-economico (Sse) e salute mentale. Così come è importante un approccio integrato alla cura, come ricorda David Lazzari, che mette in evidenza come la depressione – che a livello mondiale nel 2030 rappresenterà la prima causa di morte e disabilità – debba e possa essere inquadrata nel programma “Integrative Care Science (Ics)”, varato lo scorso anno da Sipnei dopo lo storico annuncio al congresso di Orvieto del 2011.

Insomma, siamo “alla fine di un’era” e prossimi a “una svolta” che ci consentirà di superare definitivamente il “monismo terapeutico”. La depressione è infatti una “malattia della persona nella sua interezza”, come chiarisce Bottaccioli nell’editoriale.

Dal canto suo Marina Risi mette in luce le relazioni strette fra depressione, infiammazione e malattie autoimmuni, auspicando “una convergenza multidisciplinare tra la clinica e la ricerca di base dell’infiammazione, della psichiatria, delle neuroscienze e della pnei per poter realizzare strategie terapeutiche integrate”. La relazione fra depressione e malattie cardiovascolari viene analizzata da Adriana Roncella, Andrea Delbarba spiega come mettere “l’alimentazione al centro del trattamento”, Vidheya Del Vicario illustra il “ruolo dell’esercizio fisico”, mentre Franco Craolici getta uno sguardo sulle “terapie complementari”. La relazione fra sonno, sistema immunitario, infiammazione e depressione viene indagato facendo fuoco sui ritmi circadiani da Antonella Palmisano. Antonia Carosella, Anna Giulia Bottaccioli, insieme a Francesco Bottaccioli, infine, parlano delle tecniche meditative quale forma di trattamento..

Non può mancare il contributo di Irving Kirsch dal titolo significativo “Antidepressivi: il crollo di un mito”, in cui l’autore racconta la storia delle sue ricerche sull’efficacia dei farmaci antidepressivi, che iniziano nel 1998 con una meta-analisi che porterà dieci anni dopo a “un terremoto” con un libro che “fa esplodere un dibattito internazionale che ancora dura, anche se sono ormai sempre più flebili le voci che difendono a spada tratta i farmaci antidepressivi, la cui efficacia è difficilmente distinguibile dal placebo, mentre pesanti sono gli effetti secondari e alto è il rischio di ricauta”.

Il monografico si conclude con un articolo di Raffaella Cardone e Monica Mambelli che spiega come “ripensare il trattamento della depressione in ottica Pnei, una visione sistemica che vede collegate in modo bidirezionale le variabili legate sia al corpo che alla mente”, dopo aver ripercorso la storia della psicoterapia, introdotta nel 1872 dallo psichiatra britannico Hack Tuke per definire “la guarigione del corpo mediante le funzioni psichiche del paziente”, molto prima che Freud aprisse a Vienna il celebre studio “per la cura delle malattie nervose”.

Perché una nuova rivista Sipnei? Ce lo spiega il direttore, Francesco Bottaccioli: “Perché siamo convinti serva una rivista di psico-neuro-endocrino-immunologia diversa da una di neuroscienze o di psicosomatica: una rivista interdisciplinare che favorisca lo scambio tra discipline scientifiche, ma anche interculturale che promuova lo scambio tra cultura scientifica e umanistica, uno spazio di riflessione con un linguaggio unitario che sappia parlare ai ricercatori e ai professionisti della salute senza ridurre il contenuto scientifico e clinico della comunicazione”.

“La psico-neuro-endocrino-immunologia – prosegue Bottaccioli – è un programma di ricerca che potenzialmente interessa tutte le scienze che si occupano dell’essere umano e del suo contesto: dalla fisica alla biomedicina alla psicologia alla socio-antropologia fino alla filosofia. Nell’antichità lo scambio tra filosofia e scienza è stato ampio e costante: l’una ha tratto alimento dall’altra. Solo in epoca moderna, come ricorda Gadamer, si è realizzato un progressivo estraniamento reciproco, che ha cacciato la filosofia nel privato e ha reso irresponsabile la scienza. Da oltre mezzo secolo il dialogo tra scienze della natura, della vita e dell’uomo è praticamente interrotto: con la psiconeuroendocrinoimmunologia è possibile riprendere questo dialogo”. (MM)

Image credits: Shutterstock

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Marco Mozzoni
Direttore Responsabile

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