Psicologia del senso comune e ipotesi eliminativista

A partire dagli anni ’80 si è andata affermando una posizione filosofica critica verso la sensatezza della cosiddetta psicologia del senso comune. L’eliminativismo, difeso tra gli altri da Patricia e Paul Churchland, sostiene infatti che le spiegazioni e inferenze nate a partire dalla psicologia del senso comune debbano lasciare il passo a spiegazioni più raffinate del funzionamento di stati mentali e cerebrali.

Una scienza del mentale e del cerebrale perfettamente ordinata deve prendersi l’onere, in altre parole, di condurre ad una visione perspicua e cristallina di cos’è mentale senza cadere nelle confusioni di quanto quotidianamente si pensa sui nostri stati mentali e cerebrali.

Questo punto di vista è stato messo in discussione da più parti. Ai sostenitori della Theory-Theory, i quali pensano che il discorso su stati psicologici in prima persona sia attribuibile ad una costruzione teorica grossolana su eventi mentali  è stato risposto che non necessariamente questo genere di teorizzazione sia quella necessaria per indagare propri ed altrui stati psicologici.

Altri, come Hilary Punam, hanno risposto che l’eliminativismo è una costruzione teorica circolare perché alla base delle speculazioni sulla bontà di abbandonare le spiegazioni psicologiche del senso comune ci sono pur sempre credenze, desideri e razionalizzazioni che affondano le loro radici nei concetti di tale psicologia.

A difesa di tale psicologia molti ne hanno rivendicato il forte potere esplicativo e il suo valore epistemologico, ammettendone anche la fallibilità. Tale fallibilità non dovrebbe però condurci ad un suo abbandono e ad optare verso una riduzione fisicalista dura ed eliminativista dei processi di pensiero.

In questa breve disamina si può subito cogliere che uno dei problemi principali per l’abbandono della psicologia del senso comune è quello di togliere di mezzo un fenomeno per ridurlo ad un altro genere di fenomeno. Ma se i concetti psicologici sono perfettamente riducibili a processi cerebrali non si può far finta epistemologicamente che essi non esistano per dar priorità ai secondi.

Allo stesso modo, anche se una riducibilità piena non fosse possibile, non si dovrebbe poter sensatamente pensare di accogliere le tesi eliminati viste. Dobbiamo conoscere cos’è la psicologia del senso comune poiché è di un fenomeno genuino ciò di cui stiamo parlando.

Andrea Bucci

Bibliografia di riferimento

  • Churchland, P. M., 1981, “Eliminative Materialism and the Propositional Attitudes,” Journal of Philosophy78: 67–90.
  • Churchland, P. M., 1988, Matter and Consciousness, Revised Edition. Cambridge, MA: MIT Press.
  • Churchland, P. M., 1993, “Evaluating Our Self Conception,” Mind and Language8, 2: 211–222.
  • Churchland, P.S., 1986, Neurophilosophy: Toward a Unified Science of the Mind/Brain. Cambridge, MA: MIT Press.
  • Churchland, P.S., 1994, “Can Neurobiology Teach us Anything about Consciousness?,” Proceeding and Addresses of the American Philosophical Association, 67, 4: 23–40.
  • Boghossian, P., 1990, “The Status of Content,” Philosophical Review 99: 157–84.
  • Horgan, T., 1993, “The Austere Ideology of Folk Psychology,” Mind and Language 8: 282–297.
  • Horgan, T. and Graham, G., 1990, “In Defense of Southern Fundamentalism,” Philosophical Studies 62: 107–134

Image credits: Shutterstock

 

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