Stati mentali e stati cerebrali: il problema filosofico dell’identità dei tipi

La teoria fisicalista dei tipi mentali sostiene che le proprietà di eventi mentali concreti come la sensazione di dolore sia identica a proprietà fisiche di eventi cerebrali, ad un qualche tipo di attività neurale. In quest’ottica un tipo mentale è identico ad un tipo cerebrale. Ad esempio un evento mentale che ha la proprietà di essere un dolore sarà identico allo stato fisico con la proprietà di essere un certo tipo di stato cerebrale.

L’identità tra tipi implica che un evento mentale particolare e un evento cerebrale particolare siano identici a loro volta. Non si può però concludere dall’identità tra stati particolari mentali e cerebrali all’identità tra un certo genere di stato mentale e il rispettivo genere cerebrale poiché si ritiene sia possibile che la proprietà di essere un dolore possa essere implementata da un altro genere di stato fisico che non sia l’attivazione di una certa area della corteccia somatosensoriale umana.

La teoria dei tipi e il suo modo di intendere il rapporto tra realtà mentale e realtà cerebrale si scontra, nel dibattito in filosofia della mente, contro due argomentazioni fondamentali.

La prima elaborata da Hilary Putnam a partire dagli anni ’60 è stata riassunta da Simone Gozzano e Crhistopher Hill come segue:

  • Premessa I : Dove P è un qualche tipo psicologico, c’è una varietà di creature che possono avere P, incluso membri di altre specie e androidi complessi come C3PO.
  • Premessa II : Se c’è una varietà di creature che possono avere P, allora non c’è alcun tipo fisico dal quale P è realizzato – bene che vada, sarà realizzata da tipi differenti in creature differenti.
  • Premessa III : Se P è realizzato da tipi fisici differenti in creature differenti, allora P non può essere identico con qualche specifico tipo fisico.
  • Conclusione: Nessun tipo fisico è identico con qualche tipo psicologico.

Diamo per buona la Premessa I e dunque che ci sia una grande varietà di creature che possiedono P. Focalizziamo l’attenzione sulla seconda premessa. E’ vero che se identifichiamo un certo tipo di eventi mentali con eventi cellulari cerebrali allora lo stesso tipo di evento mentale può essere implementato da supporti biologici e non biologici differenti.

Ma se, invece di identificare eventi mentali di un certo tipo con eventi di natura strettamente biologica, li identifichiamo con un certo tipo di fenomeno elettrico, come quelli implementati dal sistema nervoso umano, possiamo pensare che un evento mentale di un certo tipo sia identico ad un certo tipo di fenomeno elettrico. Un tipo mentale, identico ad un tipo fisico come un fenomeno elettrico di natura particolare, sarebbe ugualmente implementabile da supporti differenti.

La seconda argomentazione fa appello alla logica modale e può essere schematizzata nel modo seguente:

  • Premessa I: Se è concepibile che un tipo psicologico sia distinto da un tipo cerebrale, allora è anche possibile che essi siano distinti.
  • Premessa II: Se è possibile che uno stato psicologico di un certo tipo sia distinto da un certo tipo di stato cerebrale corrispondente, allora è necessario che lo siano.
  • Conclusione: Non è possibile che uno stato psicologico di un certo tipo sia identico ad un tipo di stato cerebrale.

Qui il problema è che la concepibilità che un tipo psicologico e uno cerebrale siano distinti è ritenuto un test affidabile per la sostenibilità che sia possibile che stati psicologici e stati fisici siano distinti.

È generalmente vero che se qualcosa è concepibile allora è anche possibile. Ma è altrettanto vero che dal fatto che è concepibile che A non posso dedurre che A sussista. Per farla breve, dal fatto che è concepibile che io abbia i capelli biondi non posso dedurre che ho effettivamente i capelli biondi, mentre nei termini della semantica a mondi possibili posso dedurre che esiste qualche mondo possibile in cui ho i capelli biondi. Nel caso dell’identità però, la deduzione dalla concepibilità che a e b siano distinti alla possibilità che a e b siano distinti è vietata.

Sempre tenendo presente la semantica a mondi possibili e la teoria della designazione rigida, se la concepibilità della distinzione tra a e b implicasse la possibilità della distinzione tra a e b allora implicherebbe anche che a e b sono distinti in tutti i mondi possibili. Ma se a e b sono distinti in tutti i mondi possibili allora lo sono anche nel nostro e a e b sarebbero distinti qui ed ora, di fatto. Saremmo costretti dunque a concludere che poiché è concepibile che a e b siano distinti allora essi sono distinti di fatto, qui ed ora.

Ma inferire dalla concepibilità di una distinzione alla realtà di tale distinzione non è legittimo. Parallelamente alla distinzione tra tipi mentali e tipi cerebrali, posso concepire che l’uomo che ho visto questa mattina di spalle in fondo al vialetto e mio padre seduto qui accanto a me abbiano un’esistenza indipendente l’uno dall’altro, ma da ciò non posso concludere che siano due persone distinte. Posso sempre scoprire che l’uomo in fondo al vialetto non fosse altri che mio padre.

Formalizzando il ragionamento esprimiamo “è concepibile che X” con C(X), la possibilità con ◊, la necessità con □, lettere maiuscole A, B, C per proposizioni o identità e lettere minuscole per designatori rigidi, = e ≠ rispettivamente per identità e distinzione. Infine → per il simbolo dell’implicazione ¬ per quello della negazione.

Ora

C(A)→◊A ; ¬ (C(A)→A); A nel nostro caso sarà a≠b

Nel caso dell’identità abbiamo:

C(a≠b)→◊a≠b ◊ a≠b→ □ a≠b (per teoria designatori rigidi) e □ a≠b→ a≠b (per logica)

C(a≠b)→ a≠b (per transitività da C(a≠b)→◊a≠b ◊ a≠b→ □ a≠b □ a≠b→ a≠b);

ma abbiamo detto che A sarà a≠b e quindi ¬ (C(A)→A) risulterà uguale a ¬ (C(a≠b)→ a≠b);

dunque abbiamo una contraddizione. C(a≠b)→ a≠b e ¬ (C(a≠b)→ a≠b) non possono essere entrambe vere.

Ma poiché è certo che ¬(C(A)→A) dobbiamo negare che nel caso dell’identità e della distinzione l’implicazione C(A)→◊A sia corretta. L’argomentazione può dunque essere respinta.

Che un certo tipo di fenomeno mentale sia identico ad un certo tipo di fenomeno elettrico sembra prima facie strano. Ma a suggerire che ciò sia possibile c’è una considerazione di natura epistemologica. Noi conosciamo i fenomeni elettrici di natura cerebrale secondo quanto rilevato dagli strumenti di misura e gli strumenti di misura hanno il limite delle loro possibilità d’indagine.

Le teorie sulla natura dei fenomeni cerebrali e sul loro funzionamento, dalla nascita di un impulso elettrico alla sua propagazione nel sistema nervoso centrale, si basano su ciò che gli strumenti di misura ci dicono e sulla concettualizzazione che per loro tramite possiamo formulare. Da ciò non si può però escludere che la fenomenologia di un complesso processo elettrico non possa essere intrinsecamente identica alla fenomenologia di uno stato mentale. Quando misuriamo un certo valore di un fenomeno conosciamo la relazione che intercorre tra il fenomeno e lo strumento di misura e non il fenomeno in sé e per sé.

Andrea Bucci

Bibliografia

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2 Comments on "Stati mentali e stati cerebrali: il problema filosofico dell’identità dei tipi"

  1. A me sembra che si stia cercando di definire i due tipi a partire dalla definizione che diamo ai tipi stessi. In questo contesto non possiamo definire la veridicità di alcuna affermazione.
    Abbiamo un idea implicita della dualità mentale/celebrale ma non definendo alla perfezione le due cose non possiamo arrivare ad alcuna conclusione.

  2. Una articolo a dir poco intrippante

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