Nelle nostre cellule ci sarebbe un sistema che, opportunamente stimolato, può ripulirle da molecole tossiche responsabili di gravi malattie come l’Alzheimer, il Parkinson e l’Huntington. L’importante scoperta, fatta dai ricercatori italiani del Tigem di Napoli, come annuncia una nota stampa Telethon, è pubblicata su Science (Sardiello M et al., A Gene Network Regulating Lysosomal Biogenesis and Function, Science, 2009).
Andrea Ballabio, direttore dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) e professore di Genetica Medica presso l’Università Federico II di Napoli, avrebbe dimostrato per la prima volta che dietro questo sistema di smaltimento di rifiuti cellulari esiste una sorta di “cabina di regia”. La scoperta porrebbe le basi per un nuovo approccio terapeutico a tutte quelle malattie dovute all’accumulo di sostanze tossiche all’interno delle cellule.
Lo smaltimento dei rifiuti cellulari avviene ad opera dei lisosomi, piccoli organelli presenti in ogni cellula che hanno il compito di trasformare in sostanze innocue tutti i prodotti tossici del metabolismo. Per farlo sono dotati di una vera e propria squadra di enzimi: basta che anche soltanto uno sia difettoso per avere gravi malattie, dette appunto da “accumulo lisosomiale”, come le glicogenosi e le mucopolisaccaridosi. Di queste malattie se ne conoscono almeno 50 e il gruppo di Ballabio le studia da tempo.
La novità portata da questo studio è l’aver scoperto che la fabbricazione e l’attività dei lisosomi sono sotto il controllo di una fitta rete di geni, che a loro volta rispondono a un unico direttore d’orchestra: TFEB, un gene capace di potenziare l’attività degradativa della cellula agendo come un “interruttore genetico”.
“Aumentando i livelli di TFEB”, spiega Marco Sardiello, autore principale dello studio, “abbiamo dimostrato che aumenta non solo la produzione di lisosomi, ma anche la degradazione delle sostanze tossiche presenti nella cellula”. Questa prova è stata fatta anche con cellule contenenti la proteina tossica responsabile della corea di Huntington. In questa gravissima malattia neurodegenerativa di origine genetica, per la quale attualmente non esiste alcuna cura, la proteina difettosa si accumula nei neuroni e li porta progressivamente alla morte. Ebbene, fornendo TFEB Ballabio e il suo gruppo hanno osservato che la proteina tossica veniva eliminata.
Questa scoperta apre dunque le porte ad un nuovo approccio terapeutico, che potrebbe potenzialmente essere applicato in tutte le malattie dovute a un accumulo di sostanze tossiche all’interno delle cellule, dalla corea di Huntington alle malattie lisosomiali, fino a svariate forme di demenza, tra cui il morbo di Parkinson e il morbo di Alzheimer. Come spiega Andrea Ballabio, “siamo già al lavoro, su due fronti paralleli: da una parte la verifica di questi risultati anche nei modelli animali, dall’altra la ricerca su larga scala di farmaci in grado di stimolare l’attività di TFEB. La nostra speranza è che promuovendo l’attività degradativa della cellula si riesca a evitare l’accumulo di sostanze tossiche e a prevenire così la morte delle cellule, con un approccio terapeutico di tipo farmacologico e quindi non invasivo”.
Questi studi sono stati effettuati al Tigem, che ha sede presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Napoli, in collaborazione con Elena Cattaneo dell’Università di Milano e Roman Polishchuk del Consorzio Mario Negri Sud.
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