ROMA – “L’immunoterapia permette di sbloccare il freno che le cellule tumorali pongono al nostro sistema immunitario e per i pazienti è più facile capire che il tumore non viene curato da una molecola esterna ma grazie al sistema immunitario; va però denunciata l’arretratezza in cui versa il nostro Paese, dove la comunicazione non fa ancora parte della preparazione professionale degli oncologi”. Sono le parole del professore Francesco Cognetti, presidente della Fondazione Insieme contro il Cancro, al convegno sulle nuove frontiere della terapia dei tumori, in corso alla Camera dei Deputati.
“I dati della letteratura internazionale – prosegue Cognetti – dimostrano che una comunicazione efficace aumenta la soddisfazione e l’adesione alle terapie del malato oncologico, aiuta a prevenirne il logorio psicofisico dei clinici e a ridurre le controversie medico legali: insomma, è una vera e propria risorsa per il sistema sanitario, in grado di garantire risparmi nel lungo periodo e in questo modo anche l’assistenza costerà meno”.
“Uno dei punti dolenti dell’oncologia italiana – lamenta il professore Giorgio Scagliotti, direttore del Dipartimento di Oncologia all’Università di Torino – è la formazione dei futuri medici a una corretta comunicazione con il paziente: nel nostro Paese, infatti, i giovani concludono il proprio iter tra università e specializzazione senza aver frequentato corsi specifici; è un problema molto diffuso e sentito: secondo un recente sondaggio, circa il 70% dei clinici ritiene la propria formazione universitaria su questo punto poco adeguata, così in Italia il rapporto con il paziente è costruito più in base a caratteristiche personali e alla propria esperienza che non su competenze strutturate”.
“La comunicazione medico-paziente – aggiunge il professore Sergio Pecorelli, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) – influisce sulla cosiddetta compliance: un tempo si parlava di aderenza al farmaco e oggi in modo più appropriato l’attenzione viene rivolta all’aderenza alla terapia, perché la malattia, soprattutto nel caso dei tumori, raramente richiede soltanto un intervento farmacologico; migliorare questo aspetto è un impegno nel quale tutti devono sentirsi coinvolti e non va mai sottovalutato il ruolo della prevenzione, che consente di salvare milioni di vite”.
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