L’infiammazione del cervello causata dal dolore cronico altera l’attività delle regioni cerebrali che regolano l’umore e la motivazione. Fra ansia, depressione, abuso di sostanze, presenti in oltre il 50% dei pazienti, e dolore cronico esisterebbe dunque un “collegamento biofisico diretto”. Lo sostiene uno studio dell’Università della California pubblicato sul Journal of Neuroscience.
In un lavoro sperimentale sui topi, Catherine Cahill, professore associato di anestesiologia a Irvine, Christopher Evans del Brain Research Institute di Los Angeles e colleghi hanno infatti scoperto che l’infiammazione cerebrale dovuta al dolore “causa” la crescita accelerata e l’attivazione della microglia, composta da cellule immunitarie che innescano segnali chimici all’interno dei neuroni che limitano il rilascio di dopamina, neurotrasmettitore noto per il suo ruolo nella modulazione dei cosiddetti “centri del piacere”.
È noto che le sostanze oppiacee come la morfina possono rivelarsi inefficaci nel trattamento del dolore cronico: la morfina e i suoi derivati normalmente stimolano il rilascio di dopamina, ma nel caso del dolore di lungo periodo falliscono lo scopo, mettendo in crisi il sistema mesolimbico della ricompensa. Nel loro studio gli americani hanno trattato i topi sofferenti di dolore cronico con una sostanza inibitore dell’attivazione della microglia, osservando conseguentemente il ripristino del rilascio di dopamina nel cervello e del comportamento motivato da ricompensa negli animali.
“Per più di 20 anni – affermano Cahill & Evans in una nota – i ricercatori hanno tentato di trovare la chiave del legame tra uso di oppiacei, alleviamento del dolore, depressione e dipendenza da sostanze. Le nostre scoperte rappresentano un vero e proprio cambiamento di paradigma che può avere ricadute positive non soltanto nel contesto del trattamento del dolore ma anche di altre malattie e disturbi”.
In USA il dolore cronico interessa un quarto della popolazione: condizione medica più comune fra le persone oltre i 65 anni, è la seconda causa più frequente, dopo il disturbo bipolare, di suicidio dovuto a una malattia. Per il solo dolore cronico l’Istituto di Medicina americano stima un costo sociale annuo di più di 635 miliardi di dollari.
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