Si era già a conoscenza di numerosi casi di encefalopatia traumatica cronica (CTE) in ex atleti di sport da contatto, soprattutto in relazione al football americano (Omalu et al., 2005; Omalu et al., 2006; Omalu et al., 2010; Omalu et al., 2011). Nel calcio, si è avanzata solo recentemente l’ipotesi di una correlazione causale tra l’esposizione recidivante agli impatti e l’insorgenza della CTE (Putukian et al., 2019; Espahbodi et al., 2023). Peraltro, in questi sport dove il disturbo neurologico è stato descritto più comunemente (McKee et al., 2023), gli autori consigliano di utilizzare il termine CTE-NC, sulla scorta delle raccomandazioni della Conferenza Internazionale di Consenso sulla commozione cerebrale nello sport (Patricios et al., 2023), anche per evitare confusione concettuale tra la stessa CTE e una possibile condizione clinica (Patricios et al., 2023; Del Bigio, Krawitz e Sinha, 2023). Il presente articolo, oltre a caldeggiare l’utilizzo delle linee guida della Federazione calcistica scozzese (divieto ai bambini sotto i 12 anni di colpire il pallone di testa), richiama una serie di accorgimenti atti a ridurre il rischio di lesioni.
Parole chiave: CTE, CTE-NC, calcio, proteina Tau, colpo di testa nel calcio
Abstract
The world of soccer worries about chronic traumatic encephalopathy neuropathological changes (CTE-NC). We were already aware of numerous cases of chronic traumatic encephalopathy (CTE) in former athletes of contact sports, such as American football (Omalu et al., 2005; Omalu et al., 2006; Omalu et al., 2010; Omalu et al., 2011). In soccer, the hypothesis of a causal correlation between recurrent exposure to impacts and the onset of CTE has only recently been highlighted (Putukian et al., 2019; Espahbodi et al., 2023). In these sports, where the neurological disorder has been more commonly described (McKee et al., 2023), the authors recommend using the term CTE-NC, following the recommendations of the International Consensus Conference on Concussion in Sports (Patricios et al., 2023) , also to avoid conceptual confusion between CTE itself and a possible clinical condition (Patricios et al., 2023; Del Bigio, Krawitz e Sinha , 2023). This article, in addition to advocating the use of the Scottish Football Federation guidelines (ban on children under 12 from heading the ball), recalls a series of measures aiming to reduce the risk of injury.
Keywords: CTE, CTE-NC, soccer, Tau protein, heading in soccer
Introduzione
Erano ben noti i legami tra impatti ripetuti alla testa (RHI) e deterioramenti cognitivi, neuropsichiatrici e motori. Eppure, l’encefalopatia traumatica cronica (malattia degenerativa sostenuta da un accumulo, nel cervello, della proteina tau iperfosforilata) è così unica e distintiva che abbisogna spesso di terminologie nuove per restituirla correttamente dal punto di vista anatomopatologico.
L’evoluzione della nomenclatura medica, si sa, porta con sé anche un’evoluzione della percezione di quella determinata patologia: e così, da “punch drunk“ (Martland, 1928) e “dementia pugilistica” (Millspaugh, 1937), si è passati a CTE (Critchleye, 1949) e, infine, a CTE-NC (Lee et al., 2019), ove i particolari cambiamenti neurodegenerativi, raggruppati appunto sotto il nome di CTE-NC (cambiamento neuropatologico dell’encefalopatia traumatica cronica), sono rilevabili dalla valutazione neuropatologica post-mortem in numerosi sport di contatto (van Amerongen et al., 2023).
È comunque merito di Omalu e colleghi (Omalu et al., 2005) aver identificato il primo caso di CTE in un giocatore di football americano, di uno sport in cui «[…] gli esiti spesso drammatici impongono una riflessione sulla necessità di una modifica al regolamento che, a differenza dello stesso rugby, consente contrasti estremamente duri, non di rado volutamente scorretti» (Perniola, Lisi e Cigni, 2023). I sintomi tipici comportamentali includono soprattutto depressione e disperazione, seguite da ansia e da tendenze suicide (Stern et al., 2013).
La connessione tra CTE e suicidi è stata contestata (Iverson 2014; Iverson, 2016): la mortalità conseguente a suicidi in ex-giocatori di football, tra l’altro, è notevolmente inferiore a quella registrata nella popolazione generale (Lehman, Hein e Gersic, 2016). Ad oggi, comunque, esistono ancora enormi lacune nelle conoscenze relative alla più volte citata patologia. In taluni casi, ad esempio, la CTE è stata identificata in individui senza alcuna partecipazione a sport di collisione o di contatto e senza alcuna esposizione a traumi ripetuti nel tempo (Iverson et al., 2019).
CTE-NC e calcio
Nel calcio, il primo caso di CTE-NC era stato descritto nel 1999 (Geddes et al., 1999). In molti, però, ricordano di più la storia di Jeff Astle, ex giocatore di Notts County e West Bromwich Albion (WBA), spirato nel 2002 all’età di 59 anni, conseguentemente a un trauma alla parte anteriore del cervello (Eaton, 2002). Evidentemente, le imprese di “The King” (nome ribattezzato dai tifosi, o “baggies”, del WBA) hanno fatto maggior clamore in ambienti, come quello del calcio e dei massa media, dove le prodezze e il carisma dei protagonisti trascinano le folle ad imperituro ricordo delle gesta (i primi) e ricavano più incassi dalla notizia di decessi famosi (i secondi).
Stessa sorte, sebbene diversa nel decorso clinico, è toccata al ben più noto Astle. I suoi perentori e imperiosi “colpi di testa” (sua specialità in area di rigore) hanno rappresentato verosimilmente la causa del peggioramento di una pregressa patologia cerebrale (Eaton, 2002). Solo recentemente, il decesso di un altro attaccante, l’olandese Wout Holverda, ha ulteriormente scosso gli ambienti calcistici (van Amerongen et al., 2023). Holverda, abile nei “colpi di testa” come lo stesso Astle (solo un caso?), aveva militato nel campionato “orange” per 12 anni. Dopo la sua morte, avvenuta intorno ai 60 anni di età, l’autopsia cerebrale ha mostrato gravi anomalie della proteina tau fosforilata (p-tau), soddisfacendo i criteri neuropatologici per la CTE all’ultimo stadio (van Amerongen et al., 2023).
Tuttavia, il ruolo di centravanti (posizione in campo assunta dai più volte citati Astle e Holverda) apparirebbe meno pericolosa se confrontato con quello dei difensori. Questi ultimi, infatti, subiscono un numero maggiore di eventi concussivi (Boden, Kirkendall e Garrett, 1998; Delaney et al., 2001; Gessel et al., 2007) e colpiscono la palla di testa con maggior frequenza rispetto agli altri componenti lo scacchiere di una squadra di calcio (Tierney e Higgins, 2021).
Se a ciò si sommano gli impatti “giocatore-superfice di gioco” (terreno o palo della porta) o “giocatore-oggetti presenti attorno al campo di gioco” (recinzioni, panchine o gradinate), il fenomeno assume connotati di maggiore gravità (Maher et al., 2014). Negli “anni d’oro” di Astle (i Sessanta), si utilizzavano palloni di cuoio che, in caso di pioggia, trattenevano molta acqua, risultando pertanto più pesanti e pericolosi. «A quei tempi, se la palla era bagnata, un tiro di Pelé o Bobby Charlton poteva essere violento come un pugno», ha dichiarato il genero dell’ex calciatore olandese Johannes Peters (Passerini, 2016).
Oggigiorno, i materiali sintetici hanno sostituito totalmente il cuoio, con il vantaggio, tra gli altri, di assorbire meno acqua. Purtroppo, il pericolo, che sopraggiunge soprattutto dall’alto, non è del tutto scongiurato. Infatti, le preoccupazioni degli addetti ai lavori risiedono proprio nelle cosiddette “sfide aeree” (Putukian et al., 2019), contraddistinte da episodi fortuiti e non fortuiti (visti i deprecabili episodi nei campi di tutto il mondo).
La testa del giocatore è, così, esposta ad eventi concussivi da parte – principalmente – di gomito, braccio e mano dell’avversario (Andersen et al., 2004). In letteratura, comunque, i casi di cui sopra non sono isolati, poiché si registrano altri 13 decessi di calciatori con CTE confermata neuropatologicamente (van Amerongen et al., 2023). Di questi, un corposo numero mostrava cambiamenti cognitivi simili, anomalie del setto e patologie coesistenti (van Amerongen et al., 2023).
Conclusioni e proposte operative
Nonostante la maggiore attenzione, rispetto al passato, riguardo ai casi di CTE-NC nel mondo del calcio, si auspica una ricerca clinico-patologica su larga scala tra gli ex calciatori. Siamo tuttavia convinti che la prevenzione sia fondamentale. Pertanto, oltre a riferirsi alle Linee guida della Federcalcio scozzese, che ha ufficializzato il divieto ai bambini sotto i 12 anni di colpire il pallone di testa (MacLean e Stewart, 2022), si intende proporre i seguenti accorgimenti:
- Divieto di cross da calcio d’angolo nella fascia di età dai 6/7/8 ai 17 anni così da evitare, per quanto possibile, i contrasti aerei, responsabili del 58,3% delle lesioni alla testa (Andersen et al., 2004). Particolare attenzione ai giovani di 13 anni vista la loro maggiore probabilità di colpire di testa il pallone (MacLean e Stewart, 2022). All’interno dell’area di rigore, spesso, i calciatori si contendono in volo la palla. Non è raro assistere a episodi palesemente “sleali” e/o fortuiti (“testa a testa”, “gomito in testa”, “ginocchio sulla testa”, “piede in testa”, “testa a terra”). Tutto ciò rappresenta il meccanismo più comune di lesione (Putukian et al., 2019) e, vista l’elevata frequenza di lesioni alla testa in giovani calciatori (Mooney et al., 2020; Marar et al., 2012), si suggerisce di eseguire il calcio d’angolo con palla a terra;
- Utilizzo obbligatorio dei paradenti nella fascia di età dai 6/7/8 ai 17 anni, con particolare attenzione ai giovani di 13 anni (come riportato nel punto 1). La “commozione cerebrale correlata allo sport (SRC)” si verifica soprattutto negli sport di contatto e collisione (Ono et al., 2020). L’utilizzo di paradenti, su misura e indossati correttamente, riduce statisticamente l’incidenza di SRC rispetto a un paradenti da banco (Winters e DeMont, 2014). Quindi, se è vero che la SRC è associata ad un aumentato rischio di CTE-NC (Gardner e Yaffe, 2015), il ricorso a particolari paradenti (leggeri, poco ingombranti ma al tempo stesso robusti e solidi) è una scelta di consapevolezza e buon senso;
- Modifica del regolamento in caso di infortunio alla testa. Si è in disaccordo sull’attuale regolamento che prevede, in caso di sospetta commozione cerebrale, solo una breve interruzione dell’arbitro (circa tre minuti) affinché il giocatore sia valutato dal medico della società di appartenenza (che deciderà se sia il caso, o meno, di riprendere). A nostro avviso, il soggetto con lesione alla testa, anche lieve, è invitato a uscire immediatamente dal campo e ad approfondire, attraverso esami clinico-diagnostici, l’entità del danno subìto. Si è dimostrato, infatti, come gli atleti, che avevano già subìto una commozione cerebrale, correvano il rischio con più probabilità (da quattro a sei volte) di subirne una seconda (Delaney et al., 2001);
- Integrazione della routinaria sessione di allenamento sia con esercizi specifici per rafforzare i muscoli del collo sia con esercizi, noti come “visual training”, indicati per perfezionare il gesto tecnico, limitando le eventuali interferenze sviluppate dal sistema visivo, e migliorare le capacità coordinative di anticipazione motoria (Indharty et al., 2023). Tale accortezza potrebbe ridurre l’entità della risposta cinematica della testa e, conseguentemente, il rischio di commozione cerebrale (Eckner et al., 2014);
- Coinvolgimento della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) affinché promuova la continua formazione di tutti gli addetti ai lavori, in una visione multidisciplinare, attraverso obbligatori corsi mirati e periodici, in ragione di una maggiore consapevolezza dei sintomi e dei rischi connessi a una potenziale alterazione delle funzioni cerebrali (Perniola, Lisi e Cigni, 2023; Perniola e Lisi, 2023).
- Avvicinamento graduale alle categorie agonistiche del calcio. Siamo persuasi che, così come in altri sport (vedi il tennis, ad esempio), l’approccio prematuro e la specializzazione precoce possono comportare una serie di conseguenze non trascurabili (Lisi, 2024), soprattutto se l’ossessione del culto del risultato «[…] permea profondamente la nostra vita individuale e collettiva» (Porro, 2001). Tanti giovani calciatori, infatti, vengono introdotti al mondo del calcio alla stregua di protesi per le aspirazioni di successo dei loro genitori, in un periodo della vita dove lo sport dovrebbe essere gioco, intrattenimento e semplice attività fisica (Lisi, 2024).
Michele Perniola
Istituto Comprensivo Testoni Fioravanti, Bologna
Simone Cigni, MD
Divisione di Ortopedia e Traumatologia
Ospedale San Paolo, Milano
Rodolfo Lisi
Istituto Magistrale Marco Terenzio Varrone, Cassino (FR)
Corrispondenza:
Michele Perniola
micheleperniola92@gmail.com
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Foto di Wesley Tingey su Unsplash
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