ROMA – “L’infezione da Covid-19 è associata a una ampia gamma di disturbi neurologici.”
Non usano mezzi termini gli esperti della Società Italiana di Neurologia (SIN), che oggi hanno presentato in una conferenza stampa i temi caldi del congresso mondiale di Roma, WCN 2021, che aprirà i battenti tra pochi giorni.
Questi disturbi, spiegano i neurologi, “sono maggiormente causati da carenza cerebrale di ossigeno, infiammazione cerebrale oppure trombosi di arterie e di vene cerebrali”. I dati emergono dallo studio Neuro-Covid, primo nel suo genere in Italia e nel mondo.
Con il patrocinio SIN, lo studio porta la firma delle università di Milano-Bicocca, della Statale, dell’Istituto Auxologico, ma è stato reso possibile grazie alla collaborazione sin dai prodromi pandemici di oltre 50 neurologie ubicate in diverse regioni del Paese.
In complesso, sono 904 i pazienti ospedalizzati osservati da marzo 2020 a marzo 2021, che confermano l’alterazione di olfatto (anosmia) e gusto (ageusia) quali disturbi neurologici più frequenti, pari al 40% del campione, con durata superiore a un mese nel 50% dei casi, oltre sei nel 20 per cento.
Segue l’encefalopatia acuta, ossia uno “stato di confusione mentale, perdita di attenzione e memoria, stato di agitazione, fino ad una alterazione dello stato di coscienza e al coma”, che ha interessato il 25% dei soggetti.
Per quanto riguarda l’ictus ischemico, spiega il coordinatore dello studio, Prof. Carlo Ferrarese, direttore del Centro di Neuroscienze di Milano e della Clinica neurologica del San Gerardo di Monza, “è tuttora oggetto di dibattito il legame causa-effetto tra l’infezione da Covid e tale condizione, verificata nel 20% dei casi.”
“Tuttavia – prosegue – quasi tutti riportavano i classici fattori di rischio vascolare per un ictus, cioè ipertensione, diabete, fibrillazione atriale, ipercolesterolemia; sembra confermato inoltre che l’infezione da Covid abbia fatto da innesco per la trombosi arteriosa cerebrale, ma anche per le trombosi venose cerebrali, molto più rare.”
La cefalea associata a Covid, infine, risulta frequente e si può cronicizzare nel 50% dei casi, mentre i disturbi cognitivi, che rientrano nella cosiddetta “sindrome Long Covid”, interessano circa il 10% dei soggetti ma “l’entità del disturbo è quasi sempre di grado modesto e non raggiunge i criteri di una demenza”, risolvendosi spontaneamente entro i sei mesi.

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