“Dalla schiavitù al lavoro salariato” di Yann Moulier Boutang (Manifesto Libri, 2002) aveva tracciato magistralmente in sole 720 pagine la “storia del controllo sulla libertà e l’autonomia di una umanità in perenne fuga dalle catene della subordinazione e del lavoro sotto padrone”. Oggi European Research Council finanzia una ricerca sulla schiavitù presentata dall’Università degli Studi di Milano Bicocca.
Lo studio, primo nel suo genere, è coordinato da Alice Bellagamba (nella foto) del Dipartimento di Scienze umane per la formazione. Tra le aree d’indagine Senegal, Libia, Madagascar e Afghanistan del Nord. Peccato che fra gli indagati speciali non ci sia anche l’Italia, con la sua predilezione per i tirocini non pagati, vero e proprio metodo di sfruttamento sistematico dei suoi giovani talenti… “Shadows of Slavery in West Africa and Beyond. A Historical Anthropology” è il nome in codice dello studio, che durerà fino all’aprile 2018.
I temi di ricerca includono le declinazioni storiche delle nozioni di schiavitù e libertà, il lavoro domestico come ambito dove si annidano forme incrementate di dipendenza personale e sfruttamento, il ruolo dello stato nel processo di abolizione della schiavitù e nella lotta contemporanea al lavoro coatto e traffico di persone. Oltre a produrre risultati scientifici nuovi, la ricerca si propone di creare un polo tematico presso l’Università di Milano-Bicocca che diventi un punto di riferimento di discussione nazionale e internazionale sulla materia, anche attraverso accordi con istituti di ricerca internazionali.
Nel 1807 – ricordano i ricercatori milanesi – il Parlamento inglese approvò lo Slave Trade Act, con cui dichiarò fuori legge la tratta degli schiavi attraverso l’Atlantico. Da allora la lotta alla schiavitù è continuata senza sosta e oggi prende la forma di provvedimenti come la legge italiana n.228 “Misure contro la tratta di persone” e la direttiva contro il traffico di esseri umani emanata nel 2011 dall’Unione Europea, che se pienamente adottata porterà cambiamenti significativi nella difesa e reintegrazione delle vittime.
Ma è sufficiente – si chiedono in Bicocca – promuovere una nuova legislazione per eliminare ogni forma di schiavitù anche contemporanea? «Siamo abituati a considerare la schiavitù come la netta antitesi della libertà e soprattutto come argomento da manuali di storia. Dovremmo cominciare a pensare che ci possono essere forti elementi di coercizione nel lavoro libero così come elementi di libertà nel lavoro coatto», spiega Alice Bellagamba, professore associato di Antropologia Culturale all’Università di Milano-Bicocca.
La Bellagaba ha conseguito il dottorato di ricerca in Antropologia Culturale all’Università di Torino, è stata ricercatrice presso l’Università del Piemonte Orientale, borsista della Fondazione Alexander Von Humboldt all’Università di Bayreuth e fellow dell’Institute for Advanced Studies di Berlino e del Gilder Lehrman Centre for the Study of Slavery and Abolition dell’Università di Yale.
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