Un caffè contro l’Alzheimer… Non è (ancora) il claim di una campagna pubblicitaria, ma (solo) il risultato di una ricerca della University of South Florida di Tampa pubblicata sul Journal of Alzheimer’s Disease, secondo la quale la somministrazione di caffeina a topi Alzheimer ne avrebbe migliorato di molto i disturbi di memoria (Arendash GW et al., Caffeine Reverses Cognitive Impairment and Decreases Brain Amyloid-ß Levels in Aged Alzheimer’s Disease Mice, JAD, July 2009).
La quantità di caffeina somministrata ai topi – spiegano i ricercatori del Florida Alzheimer’s Disease Research Center (ADRC) della University of South Florida (USF) in un comunicato stampa – sarebbe equivalente, rapportata agli umani, a 5 tazze di caffè al giorno. Nel nuovo studio è stato dimostrato che la somministrazione di caffeina “ha ridotto significativamente gli anormali livelli di beta-amiloide, la proteina che dà luogo alla formazione delle caratteristiche placche osservabili nell’Alzheimer (AD), sia nel cervello sia nel sangue di topi di laboratorio manipolati geneticamente per sviluppare tale patologia”. Pertanto “la caffeina potrebbe rappresentare un trattamento fattibile per i pazienti già in fase sintomatologica dell’Alzheimer e non solo una strategia per la prevenzione della malattia; inoltre la caffeina è una sostanza sicura, penetra facilmente la barriera ematoencefalica e sembra influenzare direttamente il processo degenerativo”, ha sottolineato Gary Arendash, docente di neuroscienze USF e primo autore dello studio.
I ricercatori della Florida hanno già dimostrato in studi precedenti che la somministrazione di caffeina a persone anziane non dementi sarebbe in grado di modificare rapidamente i livelli di beta-amiloide nel loro sangue, proprio come accade nei topi AD, con effetto benefico a livello cognitivo. A questo punto, pensano di mettere cantiere nuovi “trial clinici sugli esseri umani per valutare se la caffeina può beneficiare anche persone con MCI (mild cognitive impairment, altrimenti detto disturbo cognitivo lieve, generalemnte considerato la fase prodromica dell’AD) e con Alzheimer in fase iniziale”, come annuncia il direttore ADRC Huntington Potter.
Nella ricerca pubblicata su JAD sono stati studiati 55 topi AD per 3 mesi, nei quali è stata misurata una riduzione del 50% dei livelli di beta-amiloide dopo somministrazione sistematica di caffeina ed è stato valutato con opportuni test un miglioramento della memoria fino al livello dei topi normali di pari età. I ricercatori suggeriscono che la caffeina sarebbe in grado di sopprimere i cambiamenti infiammatori che nel cervello portano alla sovrabbondanza di beta-amiloide.
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