ROMA – “A volte non abito qui. Parole per raccontare l’epilessia.” Esattamente il titolo della raccolta di racconti e poesie presentata ieri a Roma mi sembra il miglior modo per condensare in poche parole l’essenza e l’importanza del progetto che rappresenta. La pubblicazione è stata il naturale punto di arrivo del concorso “Raccontare l’epilessia”.
Lanciato nel 2013 dalla Lega Italiana contro l’Epilessia (Lice) e Fondazione Epilessia Lice con l’obiettivo di coinvolgere tutti coloro che hanno a che fare quotidianamente con questa malattia, fossero essi medici, pazienti o familiari, il progetto è uno dei primi esperimenti applicativi di Medicina Narrativa in Italia.
Il libro raccoglie 33 elaborati selezionati tra gli oltre 120 racconti e poesie pervenuti, a testimonianza della capacità della narrazione di “esortare i professionisti sanitari ad abbandonare atteggiamenti distaccati e paternalistici a favore di una rinnovata attenzione alla soggettività dei pazienti; è un invito a leggere il paziente come un testo, invece di affrettarsi a incasellare una serie di sintomi in un’asettica categoria diagnostica” come spiega Maria Vaccarella, ricercatore presso il Centre for the Humanities and Health del King’s College di Londra, che firma la prefazione.
La scommessa di affrontare l’epilessia da più punti di vista – medico, sociale e simbolico – è stata vinta grazie al potere di esprimersi che la parola, la conversazione e, soprattutto, la scrittura nelle sue molteplici forme danno a emozioni, dubbi, attese e sentimenti. “Raccontare l’epilessia” è stato un modo per i pazienti e i loro cari di condividere la propria esperienza di vita e le difficoltà di convivere ogni giorno con questa malattia.
Le poesie e i racconti – lo dimostrano i loro titoli: “Diario segreto di un supereroe”, “Filastrocca tremolina”, “Dal Diario di Mariangela” e “Avevo scelto il silenzio” – parlano di attese disilluse e adolescenze negate, di pregiudizi radicati, di coraggio e determinazione e, nello stesso tempo, sottolineano i diversi aspetti psicosociali dell’epilessia come il senso di incomprensione ed isolamento, il ruolo fondamentale dell’affetto ricevuto dai propri familiari, sino alla riscoperta della felicità.
Non ci può essere, quindi, auspicio più condivisibile di quello di Giuseppe Capovilla, Segretario della Lice, per il quale lo scopo del libro è anche quello di divenire strumento di dialogo e di contrasto di pregiudizi e discriminazioni esistenti nei confronti delle persone che soffrono di epilessia. Nel caso di questa patologia, così come di altre malattie, infatti, le persone affette e le loro famiglie vivono con disagio la propria situazione e tendono a nascondere il proprio stato di salute a causa dei pregiudizi sociali che li discriminano nel lavoro, nello sport e nella vita affettiva.
Tutti i proventi ricavati dalla vendita del libro, disponibile sia in versione cartacea sia formato digitale (e-book), saranno utilizzati per finanziare progetti di ricerca ed iniziative di tipo formativo.
Andrea Robotti
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